2010-06-05 13:32:11

Consulta post-sinodale dei vescovi africani in Mozambico


Riconciliazione, giustizia e pace: i temi all’esame della Consulta post-sinodale dei vescovi africani, inaugurata domenica scorsa a Maputo, in Mozambico con una Messa presieduta dal cardinale Turkson, nello stadio coperto della capitale. 135 i delegati di 45 Paesi chiamati a contribuire ad una “Nuova Pentecoste per l'Africa”. I lavori della Consulta si concludono oggi. Michela Altoviti ha intervistato padre Ottorino Poletto, missionario comboniano in Mozambico dal 1991, referente della Caritas, in questo Paese sulla via di una graduale ripresa dopo la firma, nell’ottobre del 1992, di un formale Trattato di pace. RealAudioMP3



R. – Da tutte le parti c’è un consenso sulla pace. Questo mi sembra molto importante. Ci potrebbe essere un maggiore sviluppo della democrazia effettiva. E’ vero che a livello ufficiale si contempla il sistema di molti partiti, in realtà, però, si continua a governare con lo stesso partito. I partiti dell’opposizione non hanno ancora un posto molto importante e anche la partecipazione della società alla gestione dello Stato, alla gestione dei problemi e del futuro, è ancora parzialmente bassa. Ci vorrebbe uno sviluppo, quindi, effettivo della partecipazione della democrazia e questo sicuramente consoliderà la pace.



D. – Il segretario esecutivo di Caritas Africa, Jacques Dinan, ha espresso il desiderio che la Consulta sia un’occasione affinché i frutti del Sinodo si traducano in un piano realista e concreto per il sostegno e lo sviluppo dell’Africa. Che cosa si deve fare oggi con urgenza?



R. – Introdurre formule di maggiore partecipazione, di maggiore dialogo tra le parti sociali, di maggiore confronto per consolidare la pace e consolidare la democrazia.



D. – Padre Poletto, lei coordina un progetto pastorale e di promozione sociale in Mozambico, ci può spiegare come nasce questo progetto e di che cosa si occupa in concreto?



R. – E’ nato subito dopo la guerra. Il progetto si chiama Esmabama e non è altro che l’acronimo di quattro missioni cattoliche, costruite a suo tempo dai francescani, poi nazionalizzate dal governo e, a causa della guerra, lasciate in una situazione di semidistruzione. Mettendo il proprio contributo la Chiesa di Beira ha voluto ricostruire queste quattro missioni, in maniera che diventassero centri non solo di pastorale ma centri di promozione sociale, nell’ambito della scuola, della sanità e dello sviluppo agrozootecnico. Concretamente, in questo momento, abbiamo queste quattro missioni funzionanti, con scuole di indirizzo generale e scuole tecniche. Poi, in ogni missione, c’è anche un centro sanitario con il trattamento e la prevenzione dell’Aids, e in ogni missione ci sono anche progetti di agricoltura, di allevamento del bestiame, che servono a mantenere i convitti, danno lavoro, incrementano l’attività economica delle popolazioni che vivono nei dintorni delle missioni. Questo tipo di progetto vorrebbe essere anche una proposta concreta di cooperazione tra Chiesa e governo, avendo in vista l’obiettivo comune di promuovere le condizioni sociali delle popolazioni della zona.








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