Sempre alta la tensione in seguito al blitz israeliano contro Freedom Flottilla, la
flottiglia internazionale, carica di aiuti diretti a Gaza. Un'altra nave, la Racchel
Corrie, è al largo di Gaza dove vorrebbe giungere domani. Le autorità di Ankara hanno
confermato i nove morti, di cui otto turchi e un americano, minacciando di rivedere
le relazioni con il Paese ebraico. Esclusi altri dispersi, mentre un aereo-ambulanza
turco riporterà in patria i 5 feriti rimasti ancora in territorio israeliano. In mattinata
il presidente iraniano Ahmadinejad ha minacciato la “morte del regime sionista”. “Israele
si avvia a scomparire”, ha invece affermato la Guida suprema iraniana, l’ayatollah
Ali Khamenei. Sul terreno, intanto, stanotte due razzi palestinesi hanno colpito il
territorio israeliano senza provocare vittime, mentre i soldati vigilano la spianata
delle moschee a Gerusalemme nel timore di disordini in occasione delle preghiere islamiche
del venerdì. Ma sulla situazione a Gaza, dopo l’attacco alla flottiglia pro-palestinese,
ascoltiamo la testimonianza di Claudette Habesch, segretario generale di Caritas
Gerusalemme, raggiunta telefonicamente in Medio Oriente da Giada Aquilino:
R.
– It is unbelievable what is happening …
E’ incredibile quello che sta
accadendo e come il mondo accetti quello che sta accadendo a Gaza oggi. Il blocco
di Gaza esiste ormai da più di tre anni e un milione e mezzo di persone vive in una
grande prigione a cielo aperto, senza le necessità primarie della vita di tutti i
giorni.
D. – Cosa serve alla popolazione
di Gaza?
R. – Everything. They need
first ...
Tutto. Necessitano in primo luogo del rispetto della loro
dignità, della libertà, di aprire questa grande prigione per essere in grado di lavorare
e guadagnarsi da vivere con dignità. Oggi Gaza ha bisogno dell’aiuto umanitario, di
cibo, di materiale igienico, della possibilità di ricostruire le case demolite a causa
della recente guerra. Nel dicembre 2008 c’è stata a Gaza l’operazione “Piombo fuso”,
durata 22 giorni. Molte abitazioni sono state totalmente distrutte. Ci sono ancora
oggi famiglie che vivono nelle tende o con amici o parenti. Vogliamo aiutare queste
persone ad essere in grado di vivere una vita normale, ma non è possibile perché Israele
non permette che i beni necessari entrino a Gaza. E’ vero che alcuni prodotti sono
ormai reperibili perché arrivano illegalmente attraverso i tunnel, ma qualsiasi cosa
si riesca a trovare a Gaza ha prezzi proibitivi e la maggior parte delle persone non
può permettersela.
D. – Il Papa ancora
una volta ha esortato al dialogo per risolvere la crisi a Gaza. Come è possibile?
R.
– Dialogue is very important …
Il dialogo è davvero molto importante.
In fin dei conti, israeliani e palestinesi sono due popoli che devono riconoscersi
l’un altro, rispettarsi l’un l’altro ed imparare a condividere questa terra e vivere
in pace. Credo ancora nella necessità di negoziati e nella necessità del dialogo,
ma dovrebbe pure esserci l’intenzione di trovare soluzioni definitive così che entrambi
i popoli, gli israeliani e i palestinesi, possano vivere in pace.