Ucciso in Turchia mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia
Mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia e presidente della Conferenza
episcopale della Turchia, è stato ucciso oggi nella città turca di Iskenderun. Mons.
Padovese era nato a Milano 63 anni fa: entrato nell'Ordine dei Frati Cappuccini era
stato ordinato sacerdote nel 1973 e consacrato vescovo nel 2004. "Un fatto orribile,
siamo costernati": così il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico
Lombardi: Siamo estremamente sconcertati e addolorati. E’ un
fatto tristissimo. Volevamo incontrare mons. Padovese domenica a Cipro perché il Papa
doveva consegnare al Consiglio per il Sinodo per il Medio Oriente, di cui Mons. Padovese
fa parte come presidente dei vescovi della Turchia, il documento del Sinodo. E invece
ci arriva questa notizia che è veramente drammatica.
D.
Che cosa si sa per quanto riguarda il movente?
Lombardi:
Siamo praticamente certi che non ci sono moventi di carattere politico o di intolleranza
religiosa, che non sono connessi con la situazione di tensione di questi giorni perché
l’autore che, da quanto risulta, sarebbe una persona che faceva dei servizi in casa
ed era anche l’autista di Mons. Padovese soffriva di squilibrio psichico e in particolare
negli ultimi giorni di depressione abbastanza evidente.
D.
Questo drammatico episodio influenzerà in un certo qual modo la visita del Papa a
Cipro?
Lombardi: Certamente le darà un tono diverso
da quello che avrebbe avuto senza di esso. Dà un tono di grande intensità alla preghiera,
di grande serietà di ciò che è in gioco, la testimonianza del Vangelo può costare
anche la vita. Ecco questo ci invita a vivere questi incontri e questo pellegrinaggio
del Papa nel cuore del Medio Oriente con una intensità spirituale e con una comprensione
della serietà di ciò che è in gioco
Per un ricordo
di mons. Padovese, Massimiliano Menichetti ha sentito il nunzio apostolico
in Turchia, mons. Antonio Lucibello:
R.
– Mons. Padovese era un uomo che lavorava per instaurare un dialogo tra Oriente e
Occidente sulla base della testimonianza, soprattutto di San Paolo e di San Giovanni
attraverso i Simposi annuali basati sullo studio dei Padri e delle tradizioni cristiane
che qui sovrabbondano. Certamente è una grande perdita. Speriamo che la sua morte
non sia la fine di tutti questi progetti che erano stati avviati ormai da anni…
D.
– Su cosa stava lavorando in questi giorni mons. Padovese?
R.
– Anzitutto, doveva recarsi all’incontro di Cipro presieduto dal Santo Padre, per
ricevere anche lui l’Instrumentum Laboris per poi essere membro del prossimo Sinodo
per il Medio Oriente. Negli ultimi due giorni è stato impegnato nel suo Vicariato
con la visita del Patriarca siro-cattolico di Antiochia, Ignace Youssif III Younan,
ed il seguito di vescovi: lo sapevo impegnato in questa vastissima attività … Per
questo, la notizia ci ha lasciati proprio costernati! Ricevere oggi nel primo pomeriggio
questa notizia, veramente ci ha lasciati senza parole!
D.
– Siete riusciti a sapere cosa sia successo esattamente?
R.
– Sappiamo purtroppo poco, a parte il fatto in sé, il fatto di cronaca. L’unico collaboratore
che c’era lì, nella sede del Vicariato, mi ha avvisato. Lui era in sede ad Iskenderun,
mons. Padovese invece era fuori con l’autista… Ho dato ora istruzioni al vicario generale,
padre Domenico Bertogli, che è il parroco della nostra comunità di Antiochia, di recarsi
subito sul posto; mi sono sentito con l’arcivescovo Ruggero Franceschini, l’arcivescovo
di Smirne, che è stato predecessore di mons. Padovese ad Iskenderun, il Vicariato
apostolico dell’Anatolia, il quale ha deciso di recarsi sul posto domani, insieme
ad un altro suo collaboratore.
Pubblichiamo una delle ultime
interviste rilasciate alla Radio Vaticana da mons. Padovese il 5 febbraio scorso
per ricordare l'anniversario dell'assassinio di don Andrea Santoro, il sacerdote fidei
donum ucciso quattro anni fa nella chiesa di Santa Maria a Trabzon, in Turchia.
Ecco la sua testimonianza al microfono di Davide Dionisi:
R.
- Mi piace rilevare che sia stato ucciso come simbolo, come realtà di sacerdote cattolico.
Non è stata uccisa soltanto la persona, ma si è voluto colpire il simbolo che la persona
rappresentava: ricordarlo in questo momento, all’interno dell’anno dedicato ai sacerdoti,
è quanto mai significativo, per ricordare a tutti noi che la sequela di Cristo può
arrivare anche all’offerta del proprio sangue.
D. –
A che punto è il dialogo in Turchia, mons. Padovese?
R.
– Il dialogo in Turchia, segue momenti alterni. Ci sono tante espressioni di buona
volontà da parte anche delle autorità. Si intende il dialogo con la parte civile.
Devo dire però che effetti vistosi di questo dialogo ancora non se ne vedono tanti.
Un buon rapporto si è creato con il nuovo ambasciatore di Turchia presso la Santa
Sede, anche con alcune autorità locali, ci sono attestazioni di volontà di collaborazione.
Ecco su questo punto devo dire che i segni ci sono. Per quello che riguarda poi certe
richieste concrete che sono state fatte, come ad esempio la Chiesa di Tarso, ci troviamo
in una situazione ancora di stallo.
D. – Quale è l’impegno
della Chiesa, quotidiano e a medio termine, per incentivare il dialogo?
R.
– Abbiamo avuto l’incontro della Conferenza Episcopale turca, e pensiamo che il dialogo
debba innanzitutto partire da una presa di coscienza dei cristiani stessi in Turchia,
cioè essere coscienti della propria identità e di quello che sono. E’ inutile pensare
ad un dialogo con chi non è cristiano, quando non si è pienamente consapevoli di quello
che si è. Quindi buona parte della nostra azione pastorale quest’anno, è, e sarà concentrata
nel rendere i cristiani più consapevoli della propria identità. A parte questo ci
saranno i momenti di incontri a livello nazionale per i sacerdoti del Paese e i vescovi
a Efeso. E’ la prima volta che comunità cristiane di diversi riti, ci ritroviamo a
pregare e a riflettere insieme sulle situazioni della Chiesa in Turchia.