Afghanistan. Rivendicato dai talebani il doppio attacco avvenuto ieri alla periferia
di Kabul, dove si svolge la "jirga", l’assemblea che riunisce oltre 1600 rappresentanti
tribali e della società afghana, con l’intento di gettare le basi per un futuro di
pace. Il presidente Karzai aveva lanciato poco prima un appello per avviare un dialogo
costruttivo con tutti i ribelli. Sul significato di questo evento, sentiamo Serena
Di Matteo, direttore di Christian Aid a Kabul, intervistata da Stefano Leszczynski:
R. – Ovviamente,
noi siamo contenti che questo processo di pace che include un dialogo politico stia
avvenendo. Abbiamo un po’ tutti delle preoccupazioni sulle modalità e su chi poi sarà
coinvolto in questo dialogo e come, quindi, il processo di sviluppo verrà eventualmente
influenzato da chi sarà il detentore del potere. Inoltre, non so quanto questa peace-jirga
sarà la sede effettiva del dialogo politico che è già iniziato settimane avanti. D.
- Ci sono stati anche degli attentati mirati contro la partecipazione così massiccia
a questa jirga? R. – In un incontro
che ho avuto la settimana scorsa con un ministro del governo afgano coinvolto nella
jirga, egli mi rassicurava che la jirga non avrebbe coinvolto gli estremisti, perché
il governo stesso è preoccupato del rispetto dei diritti umani e dei gruppi più vulnerabili.
Quanto ciò poi avverrà non lo so, lo dovremmo vedere dopo. C’è però una parte della
popolazione, forse quella dei talebani, che forse non vuole un processo di pace stabile
e lo sviluppo del Paese e cerca di interromperlo, di disturbare l’evento che è cominciato
oggi e che durerà per due giorni. Quindi, ce lo aspettavamo un po’ tutti. D.
– Nella sostanza un dialogo con almeno una parte di talebani, così come era stato
annunciato, è partito? R. – Sì. Diciamo
che quello che noi, come Christan Aid, siamo contenti stia avvenendo è questo dialogo
politico: c’è la consapevolezza da parte del governo che per raggiungere la pace bisogna
raggiungere un accordo. Non si possono tenere fuori fasce della popolazione che destabilizzano
ciò che il governo e la comunità internazionale cercano di portare avanti.