2010-06-03 08:19:14

Attacco talebano al processo di pace afghano


Afghanistan. Rivendicato dai talebani il doppio attacco avvenuto ieri alla periferia di Kabul, dove si svolge la "jirga", l’assemblea che riunisce oltre 1600 rappresentanti tribali e della società afghana, con l’intento di gettare le basi per un futuro di pace. Il presidente Karzai aveva lanciato poco prima un appello per avviare un dialogo costruttivo con tutti i ribelli. Sul significato di questo evento, sentiamo Serena Di Matteo, direttore di Christian Aid a Kabul, intervistata da Stefano Leszczynski: RealAudioMP3

R. – Ovviamente, noi siamo contenti che questo processo di pace che include un dialogo politico stia avvenendo. Abbiamo un po’ tutti delle preoccupazioni sulle modalità e su chi poi sarà coinvolto in questo dialogo e come, quindi, il processo di sviluppo verrà eventualmente influenzato da chi sarà il detentore del potere. Inoltre, non so quanto questa peace-jirga sarà la sede effettiva del dialogo politico che è già iniziato settimane avanti.
 
 
 
D. - Ci sono stati anche degli attentati mirati contro la partecipazione così massiccia a questa jirga?
 
 
 
R. – In un incontro che ho avuto la settimana scorsa con un ministro del governo afgano coinvolto nella jirga, egli mi rassicurava che la jirga non avrebbe coinvolto gli estremisti, perché il governo stesso è preoccupato del rispetto dei diritti umani e dei gruppi più vulnerabili. Quanto ciò poi avverrà non lo so, lo dovremmo vedere dopo. C’è però una parte della popolazione, forse quella dei talebani, che forse non vuole un processo di pace stabile e lo sviluppo del Paese e cerca di interromperlo, di disturbare l’evento che è cominciato oggi e che durerà per due giorni. Quindi, ce lo aspettavamo un po’ tutti.
 
 
 
D. – Nella sostanza un dialogo con almeno una parte di talebani, così come era stato annunciato, è partito?
 
 
 
R. – Sì. Diciamo che quello che noi, come Christan Aid, siamo contenti stia avvenendo è questo dialogo politico: c’è la consapevolezza da parte del governo che per raggiungere la pace bisogna raggiungere un accordo. Non si possono tenere fuori fasce della popolazione che destabilizzano ciò che il governo e la comunità internazionale cercano di portare avanti.
  







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