Sud Corea: dure critiche della Chiesa alla sentenza sui diritti degli embrioni
Una decisione sbagliata che tiene conto solo del punto di vista di quei genetisti
che sono favorevoli alla ricerca sulle cellule staminali. Così i vescovi in Sud Corea
bocciano la sentenza con cui nei giorni scorsi la Corte costituzionale ha stabilito
che “gli embrioni non impiantati nell’utero materno non hanno alcun diritto umano”.
La sentenza, emessa il 27 maggio dopo il ricorso di una coppia, afferma altresì la
legittimità della Legge sulla bioetica che autorizza la distruzione degli embrioni
sovrannumerari ottenuti dalle tecniche di fecondazione in vitro dopo cinque anni.
Il segretario della Commissione per le attività pro-vita della Conferenza episcopale
coreana (Cbck), padre Casimir Song Yul-sup, parla senza mezzi termini di una decisione
“vergognosa”, perché stabilisce “un trattamento discriminatorio verso gli embrioni
non impiantati”, ha detto all’agenzia Ucan. “La Corte ha tenuto conto solo dell’opinione
dei genetisti favorevoli alla ricerca sulle cellule staminali” e non della Chiesa
che è invece contraria, denuncia padre Hugo Park Jung-woo, segretario generale della
Commissione pro-vita dell’arcidiocesi di Seoul , secondo il quale la suprema corte
“ha fatto un passo indietro e una decisione sbagliata”. In una dichiarazione diffusa
ieri, Giornata nazionale per la Vita in Corea, il presidente della Commissione bioetica
mons. Gabriel Chang Hong-hun ha richiamato alla necessità di creare più strutture
per incoraggiare le nascite, anziché sopprimere vite. Secondo le stime della Chiesa
coreana ogni anno in Corea del Sud vi sarebbero circa un milione e mezzo di interruzioni
volontarie della gravidanza, una cifra nettamente superiore alle stime governative.
(L.Z.)