2010-05-30 15:13:27

Fallita l’operazione "top kill" per fermare la marea nera nel Golfo del Messico. Al via un nuovo tentativo della British Petroleum


Georgiani oggi alle urne per un importante appuntamento elettorale, il primo dopo la guerra con la Russia dell'agosto 2008. 1730 i seggi aperti da stamani per rinnovare 64 consigli municipali. Ma l’attenzione è tutta sulla capitale Tbilisi, che vedrà per la prima volta l’elezione diretta del sindaco, trampolino di lancio, secondo molti osservatori, per la poltrona della presidenza che si libererà nel 2013, alla scadenza del secondo mandato di Mikheil Saakashvili. A contendersi questo ruolo, il primo cittadino uscente, Guigui Ougoulava, sostenuto dal governo, e Irakli Alassania, ex ambasciatore della Georgia presso l’Onu, passato all’opposizione dopo il conflitto con la Russia. Un test per valutare il livello di democratizzazione del Paese: così gli osservatori considerano il voto odierno. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Fulvio Scaglione, vicedirettore di "Famiglia Cristiana ed esperto di Europa orientale:RealAudioMP3

R. - La democrazia in Georgia, come in altri Paesi, ondeggia fra due aspetti: quello formale e quello sostanziale. Si vota democraticamente e, quindi, diciamo è tutto a posto. Bisogna, però, vedere quanto Saakashvili, che ha costruito intorno a sé un regime molto solido e monocratico, permetterà che queste elezioni facciano il loro libero corso.
 
D. - Per l’Occidente e gli Stati Uniti, c’è uno sguardo di particolare interesse a questo voto…
 
R. - Sicuramente sì, e direi più per gli Stati Uniti che non per l’Occidente, perché nonostante la Georgia e Saakashvili stesso abbiano espresso il proposito di entrare nella Nato e addirittura nell’Unione Europea, è chiaro che la Georgia resta un punto di osservazione strategica soprattutto per Washington. E questo per tante ragioni, alcune delle quali geostrategiche, perché a Tbilisi passa l’oleodotto che va dall’Azerbaigian fino alla Turchia: probabilmente, una delle più riuscite mosse strategiche dell’amministrazione Bush, perché collega come un cordone ombelicale economico - e cioè il petrolio - appunto l’Azerbaigian, la Georgia e la Turchia stessa, che sono tre Paesi fondamentali che per gli equilibri nell’Asia centrale.
 
D. - E’ così fondamentale l’esito del voto nella capitale della Georgia e soprattutto un’affermazione dell’opposizione avrebbe un ruolo simbolico?
 
R. - Sì, simbolico, ma non solo, perché è l’eredità di questi Paesi che furono parte dell’Unione Sovietica: questo centralismo per cui la capitale ha sempre un peso che è superiore al peso semplicemente demografico ed economico. E c'è poi anche un’altra questione: certamente la capitale Tbilisi è quella che ha deciso le sorti dei regimi georgiani precedenti, da Gamsakhurdia a Shevardnadze, allo stesso Saakashvili. Una sconfitta proprio nella capitale avrebbe sicuramente un forte peso sugli equilibri interni, anche perché, man mano che si va verso la periferia, il potere di Saakashvili si allenta fino alle regioni apertamente secessioniste.
 
D. - Secondo l’opposizione, specie nella capitale, queste elezioni sono importanti per riequilibrare le amministrazioni locali e nazionali, dato il potere schiacciante del presidente. Potrà avvenire effettivamente?
 
R. - Sarebbe certamente auspicabile un riequilibrio generale dei poteri, se non altro un limite un pochino più cogente alla sua libertà di azione. Dubito che questo avvenga proprio perché il potere di Saakashvili è tale da condizionare anche l’andamento delle elezioni locali. 







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