2010-05-29 15:20:35

La Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù nel carcere di Rebibbia


L'incessante pellegrinaggio della Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù procede senza sosta. Questa mattina ha fatto tappa nella casa di reclusione di Rebibbia a Roma. Il servizio di Davide Dionisi.RealAudioMP3

I giovani del Centro Internazionale San Lorenzo, coordinati dal cappellano del penitenziario, padre Arcangelo Masocco, dal decano don Luigi Barbini e della religiosa canossiana suor Rita Del Grosso, si sono ritrovati nel carcere romano per portare la loro testimonianza ai detenuti e per far conoscere la "potenza della Croce", quella Croce che nel 1984 Giovanni Paolo II affidò proprio a loro. "Noi adoriamo chi sulla Croce ha sacrificato la vita per tutti noi. E lo ha fatto quando eravamo peccatori e quando nessuno ci avrebbe neanche rivolto la parola", ha detto ai volontari e ai detenuti che hanno preso parte alla processione e alla celebrazione mons. Nicola Filippi, delegato episcopale dei decani di Roma, intervenuto in rappresentanza del cardinale Vallini. "Giovanni Paolo II volle che la Croce girasse il mondo, perché l'amore di Dio non venisse confinato in un tempo e in un luogo ma fosse ovunque e per sempre. Ha voluto che fosse pellegrina perché nessuno venisse escluso dall'amore di Dio", ha aggiunto mons. Filippi. E' stato poi proiettato il video "Potenza della Croce", realizzato in collaborazione con l'agenzia cattolica H2Onews e la Scuola di Evangelizzazione della Comunità dell'Emmanuele. I detenuti hanno avuto la possibilità di confessarsi e di affidare le proprie intenzioni ai piedi della Croce. "Ho colto immediatamente l'importanza di questo avvenimento e ringrazio i giovani volontari che lo hanno fortemente voluto", ha sottolineato Stefano Ricca, direttore della Casa di Reclusione. "Credere è un privilegio e lo è ancora di più in un luogo come questo" ha aggiunto. Rivolgendosi ai detenuti il direttore ha detto: "La Croce è un segno di sofferenza ma è anche segno di pace e di Risurrezione. Sono convinto che per voi possa significare rinascita e recupero, per questo vi esorto a diventare messaggeri di questa pace anche tra i vostri compagni". Attualmente nel carcere romano sono rinchiuse circa 300 persone, per lo più provenienti dalle zone del sud d'Italia. "Con loro abbiamo instaurato un rapporto familiare. Hanno molta fiducia nel cappellano e per questo cerchiamo di diventare per loro un punto di riferimento. Quel riferimento che, purtroppo, viene a mancare una volta usciti da qui. Il dramma per loro comincia paradossalmente dopo la detenzione a causa di carenza di strutture ricettive in grado di assisterli e di aiutarli a reinserirsi in società" ha spiegato il cappellano di Rebibbia, padre Arcangelo Masocco. Ma sull'importanza di questo evento ascoltiamo mons. Nicola Filippi:RealAudioMP3  
R. – L’importanza è nella Croce stessa, che per ogni uomo è fonte di speranza perché ci ricorda l’amore fedele di Dio che si apre ad ogni uomo. Un amore che, se accolto, può realmente cambiare la vita di ciascuno di noi, perché va ad agire sul nostro cuore ed anche sulla nostra volontà. 
D. – Qual è stata la risposta dei detenuti, dei ragazzi che vivono a Rebibbia, di fronte a quest’iniziativa della Chiesa?
 
R. – I ragazzi hanno reagito bene, come reagiscono sempre nel momento in cui la Chiesa offre loro una parola di speranza, di conforto, una parola di vicinanza e di solidarietà, proprio perché tante volte anche il carcere è luogo di una profonda solitudine, in cui si pensa al passato, si pensa agli affetti lontani. Avere qualcuno - in particolare il Signore ma anche i tanti volontari, i tanti sacerdoti che manifestano una vicinanza, un amore più grande - che li accoglie per quello che sono, senza chiedere nulla in cambio, chiaramente fa sorgere il sole nel cuore. Quel sole che invece tante volte è oscurato.
 
D. – Abbiamo visto anche la testimonianza di tanti giovani volontari che lavorano ed operano all’interno del carcere. Quanto può essere importante la loro testimonianza per i ragazzi detenuti, i loro coetanei o anche per i più grandi che sono qui a Rebibbia?
 
R. – La testimonianza è fondamentale perché li aiuta a comprendere che nella vita si può sbagliare ma si possono compiere anche grandi cose. E’ fondamentale perché li aiuta a capire che forse la gioia più grande, per un uomo, è nel dono che si fa agli altri, così, nella semplicità, nella fraternità e nell’incontro che avviene lì dove Dio ci ha posto. Vorrei dire che è importante anche la testimonianza che i detenuti danno ai giovani. Il carcere è un luogo che aiuta a ripensare a ciò che realmente è essenziale nella vita.
 
Al direttore della Casa di Reclusione, Stefano Ricca, abbiamo chiesto quanto siano importanti eventi come questo in una casa circondariale:RealAudioMP3
 
R. – Credo che tutti i momenti d’incontro, i momenti di collegamento fra la struttura penitenziaria – quindi i detenuti, le persone che vivono questa situazione di difficoltà – e il mondo esterno in quanto tale, siano tutti momenti importanti. La giornata di oggi, poi, ha un valore ulteriore: un significato di fratellanza, di pace, di amore fra le persone. Credo che la testimonianza della Croce della Giornata Mondiale della Gioventù rappresenti proprio questo. Penso quindi che questo sia un momento davvero molto importante per la vita dei detenuti e direi anche che lo è per la vita dell’Istituto.
 
D. – “Credere è un privilegio”: lo ha detto lei nel corso del suo intervento davanti ai detenuti. Lo è anche in un luogo come questo?
 
R. – Probabilmente in un luogo come questo lo è ancora di più, perché le persone detenute hanno sicuramente una necessità di poter sperare in un domani che li veda reintegrati nella società ma che li veda recuperati proprio come persone. Allora penso che la fede ed il credere possano essere veramente un grande sostegno per questo tipo di difficoltà.







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