Obama cerca di accelerare il processo di pace in Medio Oriente
Prosegue l’impegno statunitense per il Medio Oriente. Il presidente Barack Obama ha
ufficialmente invitato a Washington il premier israeliano Netanyahu per dei colloqui
in programma martedì prossimo. Ad annunciarlo le autorità dello Stato ebraico. La
Casa Bianca ha fatto sapere poi che Obama riceverà “in un futuro prossimo“ anche il
presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen. Gli incontri col presidente
Usa saranno i primi per i leader mediorientali dall'inizio dei colloqui di pace indiretti
tra israeliani e palestinesi, iniziati il mese scorso, con l'inviato speciale di Obama,
George Mitchell, come mediatore tra le parti. Sul significato di questi ulteriori
contatti, ascoltiamo Giorgio Bernardelli, esperto di questioni mediorientali,
intervistato da Giada Aquilino:
R.
– Certamente Obama vuole dare forza a quest’iniziativa dei colloqui indiretti, iniziata
tra mille difficoltà dal suo inviato in Medio Oriente, George Mitchell. Questi colloqui
sono cominciati, ma c’è un clima di grande scetticismo intorno ad essi. Obama evidentemente
con tali inviti vuole spendere la sua autorevolezza per dare un po’ più di forza all’iniziativa.
L’altro fattore da tener presente è quello della politica interna americana. C’era
stato un incontro precedente con Netanyahu a marzo, che si era concluso in un modo
ruvido nei confronti di Israele: Obama aveva richiamato Israele a mantenere fede agli
impegni richiesti; questa mossa, però, aveva suscitato molte critiche all’interno
della politica degli Stati Uniti, soprattutto nell’ala più legata all’alleanza con
Israele. In qualche modo quest’incontro, con un clima certamente diverso, segnerà
un tentativo di rimettere a posto le cose anche rispetto al rapporto tra il presidente
ed il Congresso.
D. – Proprio nell’incontro di marzo
c’erano state tensioni sui nuovi insediamenti ebraici: l’annuncio della costruzione
di nuove case ebraiche in un quartiere arabo di Gerusalemme aveva un po’ raffreddato
quel colloquio tra Obama e Netanyahu. Adesso dove si annidano i contrasti?
R.
– Sono sempre lì i contrasti. La situazione è tutt’altro che risolta. Su Gerusalemme
est è calata, in queste settimane, una specie di tacito accordo. Non ci sono state
iniziative clamorose a Gerusalemme di nuove costruzioni, ma non c’è stato neppure
un impegno formale - come quello che riguarda invece il resto dei Territori - di congelamento
dei nuovi insediamenti. Teniamo però presente che adesso si sta ponendo anche la questione
del congelamento degli insediamenti in Cisgiordania, perché tale congelamento – a
partire dal quale è iniziato tutto il discorso dei colloqui indiretti – è comunque
riferito a un lasso di tempo molto limitato, con scadenza il 29 settembre. Quindi
nell’incontro alla Casa Bianca si parlerà anche di questo.
D.
– Invece qual è lo stato dei rapporti tra gli Stati Uniti e la parte palestinese?
R.
– La parte palestinese sta cercando di portare avanti questo processo di costruzione
dello Stato a partire dalle sue istituzioni. Il vero nodo, dal punto di vista dell’Autorità
palestinese, riguarda i rapporti di forza. Oggi Obama sta scommettendo - come la comunità
internazionale ha sempre fatto – su Abu Mazen e soprattutto su questa nuova figura
emergente, quella del premier Salam Fayyad. Resta però aperta la questione
della divisione all’interno della società palestinese, dell’accordo di unità nazionale
con Hamas che non arriva mai. C’è all’orizzonte la data molto importante del 17 luglio,
quando si terranno in Cisgiordania le elezioni amministrative, che sono le prime che
si tengono nei Territori palestinesi da quando, nel 2006, Hamas vinse le elezioni
politiche. Hamas ha già annunciato che boicotterà questo voto, quindi non sarà un
confronto vero, però conterà certamente molto la percentuale dei votanti che parteciperanno.
In qualche modo sarà un referendum sull’autorevolezza reale sia del presidente Abu
Mazen ma soprattutto del premier Fayyad, per capire quanto questo nuovo corso impresso
alla politica palestinese sia destinato ad avere davvero un futuro.