2010-05-27 14:25:01

La visita di mons. Ravasi in Ucraina tra obiettivi pastorali e dialogo ecumenico con la Chiesa ortodossa


Rendere attuale gli esiti del Sinodo sulla Parola di Dio nel contesto della Chiesa ucraina, valorizzando in termini missionari il patrimonio culturale del Paese. Con questi obiettivi, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, si trova da lunedì scorso in Ucraina per partecipare, su invito dalla Chiesa greco-cattolica locale, alla seconda Conferenza internazionale su “La Parola di Dio nella vita e missione della Chiesa in Ucraina”. La visita, che termina domani, è caratterizzata anche da una forte valenza ecumenica, con l’incontro a Kiev con il Metropolita Vladimir, della Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca. Ai microfoni del Programma ucraino della nostra emittente, mons. Ravasi spiega in dettaglio i motivi di questa sua trasferta:RealAudioMP3

"La mia presenza qui è legata soprattutto ad un tema in maniera particolare. Prima di tutto, la dimensione culturale della Bibbia: far ritrovare ancora il Testo Sacro come grande patrimonio culturale della civiltà europea. Questo, però, comporta anche la riscoperta della sua qualità letteraria e non soltanto teologica. Questa, che è stata la dimensione iniziale del motivo del mio viaggio in Ucraina, si è arricchita di almeno tre altri elementi. Primo elemento è l’incontro con la cultura di questo Paese, e la testimonianza che ho avuto della visita alla città di Lviv, che non conoscevo, è stata sicuramente molto impressionante per me, soprattutto vedendo la molteplicità degli stili che mostra una ricchezza della cultura ucraina. La seconda dimensione è quella che riguarda, invece, l’incontro anche con il mondo civile. Terzo, naturalmente, anche la dimensione ecumenica perché inesorabilmente forse l’Ucraina è uno dei territori dove si presenta una ricchezza notevole delle confessioni cristiane. Noi sappiamo che il dialogo è sempre una vicenda che comporta dei momenti di intimità e dei momenti di difficoltà. Dialogo vuol dire essere anche “diversi” e non soltanto essere “in sintonia”. Noi abbiamo, con un esempio musicale, il genere del duetto: il duetto può essere tra un soprano e un basso che sono due voci antitetiche. Il basso non deve fare il falsetto per imitare il soprano, e il soprano non deve scendere a livello del basso. Ognuno ha la sua identità, ma se è in dialogo, fa armonia. E questo, però, è faticoso e richiede lungo esercizio".







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