2010-05-27 08:04:38

Coree: la Russia invia esperti


Resta incandescente la situazione al confine tra le due Coree per il pericolo di ritorsioni militari in seguito all’inasprimento delle sanzioni nei confronti della Corea del Nord. Ieri, il Segretario di Stato Usa, ha lasciato Seul dopo aver ribadito l’appoggio di Washington al Sud e aver lanciato un appello alla moderazione. Intanto, anche il Cremlino ha inviato nella penisola un gruppo di esperti per valutare le responsabilità di Pyongyang nell’affondamento di una corvetta militare sudcoreana in cui hanno perso la vita 46 persone. Sulla situazione lungo il 38° parallelo, ascoltiamo Luigi Bonanate, docente di Relazioni internazionali all'Università di Torino, intervistato da Gabriella Ceraso:
 
R. – Mi sembra che comunque ciò che sta succedendo in questi giorni corrisponda esattamente a quello che i manuali di teoria delle relazioni internazionali insegnano. Tutte e due le parti stanno facendo esattamente quello che si faceva 60 anni fa: io alzo la voce, tu la alzi un po’ di più, in attesa che ci sia qualcuno che ad un certo punto disinnesca il tutto. Il grande dubbio, che noi abbiamo oggi, è che sia una questione nata verosimilmente da un incidente, da un errore: l’affondamento della corvetta. Se quella cosa lì è stata un caso, ebbene non si può rischiare di arrivare ad uno scontro aperto.

 
D. – A complicare la situazione c’è anche il fatto che da 60 anni a questa parte non è stata poi definita una linea di demarcazione tra i due Paesi, proprio nelle acque che ora sono oggetto delle contese...

 
R. – Non c’è dubbio. Da un punto di vista strettamente tecnico, le condizioni per un ultimatum, per una reazione ad un ultimatum ci stanno tutte. Il problema è che si poteva benissimo continuare a vivere in armistizio. Negli ultimi anni i rapporti fra le due Coree erano molto migliorati. Ci sono stati lavoratori che andavano dall’una all’altra parte. Quindi, la separazione delle due Coree sembrava quasi una di quelle cose che un po’ per volta si potevano cancellare. In questo momento bisognerebbe tornare un poco allo spirito pre ’89: due grandi potenze che si mettano in mezzo e diano una mano. Sessanta anni fa erano Stati Uniti e Cina, oggi sono Cina e Stati Uniti.

 
D. – In effetti, il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, è reduce oggi da due giorni a Pechino, e da Seul ha ribadito: la Cina è pronta ad una collaborazione, certo una collaborazione generica. Ma la stessa Clinton ha chiesto una risposta ferma e decisa a questo punto alla comunità internazionale. Lei che ne pensa?

 
R. – Che intervenga chi può, non la generica comunità internazionale, perché lo sappiamo: è deresponsabilizzante dire che se ne occupi la comunità internazionale. Quando tutti quanti abbiamo detto alla Corea del Nord “brutti e cattivi”, cosa abbiamo fatto? Abbiamo messo nell’angolo la Corea del Nord, l’abbiamo messa in particolare difficoltà e la spingiamo magari a fare anche un atto sconsiderato.

 
D. – E’ possibile che la situazione sfugga di mano a questi potenti interlocutori, Cina e Stati Uniti?

 
R. – Mi viene da dire che non è possibile che da una cosa grave in sé, ma non politicamente così grave, possa venirne fuori uno scontro militare vero e proprio, anche perché il problema grosso è che in un attimo sei vicino al Giappone e i rischi di 'incendio' sarebbero altissimi.

 
D. – Eventualmente, invece, la conquista di una delle due parti nell’ottica di una riunificazione della penisola come la vedrebbe?

 
R. – E’ un po’ come la storia delle due Germanie. Ciascuno pensava che da un giorno all’altro avrebbe riunificato la Germania sotto la propria bandiera. Il caso delle due credo che sia più ridotto e limitato. Il regime comunista nord-coreano è un regime destinato allo svuotamento, anzi, è già svuotato. E’ molto verosimile che, se non succede nulla di più grave, questa situazione si risolva e che le due Coree si riuniscano. Naturalmente bisogna evitare che in questa lenta transizione qualcuno faccia degli errori.







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