2010-05-27 14:21:28

Convegno a Roma sul rapporto tra sofferenza e fede: l'intervento di mons. Zimowski


Capire il dramma della sofferenza attraverso il mistero della fede. E’ l'obiettivo del convegno “Malattia versus religione, tra antico e moderno”, che si è aperto ieri a Roma nel Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia, e che si concluderà sabato presso il Policlinico Gemelli. Il meeting, organizzato dall’Università degli Studi di Genova, in collaborazione con L’Università Cattolica del Sacro Cuore della capitale, affronta attraverso un percorso storico, scientifico e letterario, la sensibilità verso la malattia nel confronto con la religione. Su questo tema, Marina Tomarro ha intervistato l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per la Salute.RealAudioMP3

R. – Questo binomio si rincontra nel Gesù Cristo, che è venuto, ha sofferto per noi, per la nostra salvezza; Lui non ha tolto la malattia, la sofferenza, ma l’ha redenta.
 
D. – In che modo la Chiesa può aiutare le persone malate ad accettare questa condizione di sofferenza?
 
R. – Prima di tutto dobbiamo essere molto solidali, specialmente con le famiglie che custodiscono i malati, perché parlando della malattia noi non dobbiamo pensare solo agli ospedali, ma dobbiamo anche pensare alle famiglie dove ci sono i malati, talvolta a lunga degenza. Pensiamo oggi all’alzheimer o ad altre malattie. E la vicinanza delle altre persone è come quando un medico non può fare nulla, ma deve essere vicino al malato. Si parla oggi dell’umanizzazione della medicina.
 
Ascoltiamo il commento di Paolo Magistrelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e tra i promotori del Convegno:
 
R. – La medicina non è onnipotente, non lo è stata in passato, non lo è oggi, al di là dell’immaginario collettivo, però la medicina può aiutare molto, nel modo di affrontare alcune patologie, nel modo di sopportarle per tempi molto lunghi rispetto al passato e, direi, in qualche modo - e questo dovrebbe essere lo sforzo attuale – nel modo di aiutare il malato e non la malattia, perché c’è una netta differenza. La medicina tecnologica e scientifica tende a curare la malattia. Ci stiamo un poco scordando di curare il malato nel suo complesso, il che non richiede grandi medicinali o grandi tecnologie, ma richiede un po’ di tempo e di condivisione.
 
D. – Dove la medicina incontra la fede?
 
R. – Io credo che in tanti casi, paradossalmente, è quasi la medicina che stana la fede. Ed è impressionante come anche di fronte a malattie di grande rilievo e malattie a termine, purtroppo breve, molti riescano a ritrovare quella fede che non avevano, dando una ragione ad una malattia che sembra incomprensibile. La prima reazione è “Ma perché a me?”, la giustificazione è dentro e molti la trovano. Credo che sia un incontro miracoloso.







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