Convegno a Roma sul rapporto tra sofferenza e fede: l'intervento di mons. Zimowski
Capire il dramma della sofferenza attraverso il mistero della fede. E’ l'obiettivo
del convegno “Malattia versus religione, tra antico e moderno”, che si è aperto ieri
a Roma nel Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia, e che si concluderà sabato
presso il Policlinico Gemelli. Il meeting, organizzato dall’Università degli Studi
di Genova, in collaborazione con L’Università Cattolica del Sacro Cuore della capitale,
affronta attraverso un percorso storico, scientifico e letterario, la sensibilità
verso la malattia nel confronto con la religione. Su questo tema, Marina Tomarro
ha intervistato l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio
Consiglio della Pastorale per la Salute.
R. – Questo
binomio si rincontra nel Gesù Cristo, che è venuto, ha sofferto per noi, per la nostra
salvezza; Lui non ha tolto la malattia, la sofferenza, ma l’ha redenta. D.
– In che modo la Chiesa può aiutare le persone malate ad accettare questa condizione
di sofferenza? R. – Prima di tutto dobbiamo essere molto solidali,
specialmente con le famiglie che custodiscono i malati, perché parlando della malattia
noi non dobbiamo pensare solo agli ospedali, ma dobbiamo anche pensare alle famiglie
dove ci sono i malati, talvolta a lunga degenza. Pensiamo oggi all’alzheimer o ad
altre malattie. E la vicinanza delle altre persone è come quando un medico non può
fare nulla, ma deve essere vicino al malato. Si parla oggi dell’umanizzazione della
medicina. Ascoltiamo il commento di Paolo Magistrelli
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e tra i promotori del Convegno: R.
– La medicina non è onnipotente, non lo è stata in passato, non lo è oggi, al di là
dell’immaginario collettivo, però la medicina può aiutare molto, nel modo di affrontare
alcune patologie, nel modo di sopportarle per tempi molto lunghi rispetto al passato
e, direi, in qualche modo - e questo dovrebbe essere lo sforzo attuale – nel modo
di aiutare il malato e non la malattia, perché c’è una netta differenza. La medicina
tecnologica e scientifica tende a curare la malattia. Ci stiamo un poco scordando
di curare il malato nel suo complesso, il che non richiede grandi medicinali o grandi
tecnologie, ma richiede un po’ di tempo e di condivisione. D.
– Dove la medicina incontra la fede? R. – Io credo che in tanti
casi, paradossalmente, è quasi la medicina che stana la fede. Ed è impressionante
come anche di fronte a malattie di grande rilievo e malattie a termine, purtroppo
breve, molti riescano a ritrovare quella fede che non avevano, dando una ragione ad
una malattia che sembra incomprensibile. La prima reazione è “Ma perché a me?”, la
giustificazione è dentro e molti la trovano. Credo che sia un incontro miracoloso.