La Chiesa celebra la memoria di San Filippo Neri, fondatore degli oratori
“Pippo buono”: così i ragazzi della Roma antica chiamavano San Filippo Neri, che la
Chiesa ricorda oggi. Vissuto nel 1500, fiorentino di nascita, ma romano di adozione,
San Filippo dedicò la propria vita ad aiutare i giovani bisognosi, dando vita agli
oratori e fondando, nel 1575, la Congregazione dei Preti dell’Oratorio. Ma qual è
il carisma di questo Santo, definito “l’Apostolo della città di Roma”? Isabella
Piro lo ha chiesto a Padre Edoardo Cerrato, procuratore generale della
Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri:
R.
– Filippo è un sacerdote e ciò che egli testimonia nella storia della Chiesa è proprio
la vita sacerdotale vissuta in un’intensità e in un’aderenza al Vangelo che ha lasciato
stupiti i suoi contemporanei al punto tale che qualcuno scrisse: “Cambiò il volto
dell’Urbe”. Ha proprio testimoniato il valore e la grandezza del sacerdozio cattolico.
D.
– Fortissimo è il legame tra questo Santo ed i giovani bisognosi ai quali si dedicò
per tutta la vita…
R. – L’amore di Filippo per i giovani
fu intensissimo per tutta la vita al punto tale che i giovani lo amarono quando egli
era ormai ottantenne e quindi non era più giovane dal punto di vista della carta d’identità.
Ha conservato una giovinezza, una freschezza interiore che lo faceva percepire come
un giovane anche dalle persone più giovani e l’oratorio nasce come la riunione pomeridiana
dei discepoli di San Filippo Neri nel ministero della riconciliazione. I giovani avevano
però un grande spazio.
D. – Ma oggi esiste ancora l’oratorio
e come rilanciarlo?
R. – Esiste ancora. Anzi, potremmo
dire che questa è l’opera fondamentale della Congregazione. L’oratorio, oggi come
in passato, ha diverse sezioni: una è quella giovanile ma accanto a questa c’è anche
l’oratorio nel senso più vasto nel termine, cioè una scuola di vita cristiana che
si esprime attraverso i sermoni sulla Parola di Dio, iniziative musicali perché la
musica ha sempre avuto un’importanza fondamentale nella pastorale di Filippo Neri.
Filippo Neri parlava della musica come di pescatrice delle anime, quindi la bellezza
della musica, la bellezza dell’arte messa a servizio dell’evangelizzazione.
D.
– “State boni se potete”, diceva San Filippo ai ragazzi. Una frase che però non è
semplicemente sinonimo di buonismo…
R. – Tutt’altro!
E difatti lo diceva in romanesco: “State boni” e sappiamo bene che in romanesco 'state
boni' vuol dire state fermi. Filippo non poteva dire “state boni se potete” intendendo
'buoni' come impegno morale, perché allora sarebbe un esempio di relativismo. “State
boni” vuol dire proprio state fermi, cercate di entrare dentro a questo cammino di
educazione con un po’ di calma. Non c’è buonismo in San Filippo Neri.
D.
– San Filippo è "profeta della gioia”: così lo definì Giovanni Paolo II. Cosa significa?
R.
– Vuol dire colui che a nome di Dio parla della gioia, colui che a nome di Dio insegna
che cos’è la gioia. La gioia che Filippo testimonia è esattamente quella di cui parla
Gesù nel Vangelo quando dice: “La mia gioia io vi do, la mia gioia io lascio a voi”
e questa gioia è fondamentalmente l’amicizia con Cristo, è il frutto dell’amicizia
con Cristo.
D. – Padre Cerrato, qual è il suo augurio
nel giorno in cui la Chiesa ricorda questo Santo?
R.
– Quest’anno vorrei limitarlo - se così si può dire, ma non è affatto un limitare
- limitarlo all’ambito dell’Anno Sacerdotale che stiamo vivendo. L’augurio è che i
sacerdoti scoprano che la loro fedeltà può essere soltanto radicata nella fedeltà
di Cristo ai suoi discepoli. Filippo Neri, fondamentalmente sacerdote, non è stato
senza motivo rappresentato dall’arte quasi sempre rivestito coi paramenti sacerdotali.
Che cosa fu la Santa Messa per Filippo, la Comunione, il ministero sacerdotale! Questa
è veramente l’anima di Filippo, questo è l’augurio: che nella fedeltà di Cristo, come
Filippo Neri, anche noi possiamo trovare la forza e la fonte della nostra fedeltà.