Thailandia verso la normalità ma ora la Borsa di Bangkok è in forte calo
In Thailandia, sedata la rivolta delle ‘camicie rosse’ a Bangkok, la situazione torna
lentamente alla normalità. La tensione sociale resta comunque alta e il coprifuoco
nella capitale durerà ancora fino a domattina. Il premier Vejjajiva ha annunciato
l’intenzione di varare un piano di riconciliazione nazionale, ma resta la preoccupazione
internazionale per la grave situazione economica venutasi a creare nel Paese. Stamattina,
infatti, la Borsa locale ha riaperto le contrattazioni in forte calo. Stefano Leszczynski
ha chiesto a Carlo Filippini, docente di economia all’Università Bocconi ed esperto
di Asia orientale, quali siano i margini per avviare un processo di riconciliazione
in Thailandia: R.
– Ci sono due tipi di pericoli. Da un lato, che nelle province del nord e del nordest,
dove i seguaci dell’ex premier Taksin e le camicie rosse sono in forte maggioranza,
che si diffonda la rivolta. L’altra possibilità, ancora più pericolosa, è che piccoli
gruppi di disperati, o probabilmente anche gli estremisti che poco hanno a che fare
con la rivolta popolare, si diano al terrorismo. D. - Quelle che erano
le basi del compromesso iniziale, e cioè le elezioni anticipate, sembrano ormai qualcosa
di irraggiungibile ...
R. – Il rischio è che il governo
non offra più una soluzione di compromesso e soprattutto non offra più politiche economiche
favorevoli alle masse delle campagne, alle masse rurali più povere, ma che voglia
stravincere.
D. - Un Paese che appare, date le premesse,
sempre sull’orlo della guerra civile, che sicurezza e che garanzia può dare da un
punto di vista economico?
R. – Paradossalmente, 10
anni fa, fra i 10 Paesi dell’Asean, era l’Indonesia a essere in perenne pericolo politico,
mentre la Thailandia veniva vista come Paese pacifico in crescita, moderato, eccetera.
I ruoli si sono capovolti. La Thailandia in questo momento soffre di due grossi problemi.
Da un lato, i turisti che sono scappati, e l’altro aspetto è, appunto, quello di medio-lungo
periodo. Le imprese straniere e le multinazionali che avevano investito in Thailandia
probabilmente adesso si dirigeranno, ad esempio, verso le perenni concorrenti: Malesia
o Indonesia.
D. – Insomma, cresce la preoccupazione
a livello internazionale per gli standard di rispetto dei diritti umani in Thailandia.
Anche questo è piuttosto dannoso per la sua immagine internazionale ...
R.
– Certamente. La Thailandia aveva acquistato un certo ruolo di leader tra i 10 Paesi
Asean per un insieme di dimensioni: livello di sviluppo economico, tranquillità, sicurezza
politica e così via. Lo sta chiaramente perdendo e questo preoccupa un po’ anche i
Paesi vicini, cosa che è molto rara. I 10 Paesi Asean hanno sempre evitato di “interferire”,
come dicono loro. Pensiamo al caso della Birmania-Myanmar, che è andata avanti con
poche critiche da parte degli altri Paesi Asean.