Cuba: cresce la speranza per la liberazione dei prigionieri politici
Dovrebbe cominciare oggi la prima fase del piano per arrivare alla liberazione dei
prigionieri politici, secondo quanto confermato da mons. Juan de Dios Hernández, vescovo
ausiliare de L’Avana ed Orlando Márquez, addetto stampa del cardinale Jaime Ortega,
arcivescovo della capitale. La decisione è stata comunicata al cardinale Ortega dalla
signora Caridad Diego, capo dell’ufficio per gli Affari religiosi del partito comunista
cubano, presente alla riunione, mercoledì scorso, in cui il presidente Raùl Castro
ha incontrato il cardinale Jaime Ortega e mons. Dionisio García, arcivescovo di Santiago
di Cuba e presidente della Conferenza episcopale. Da quanto è trapelato, il piano
dovrebbe consentire che un primo gruppo di prigionieri sia trasferito a carceri più
vicine ai loro luoghi d’origine e, al tempo stesso, faciliti subito il ricovero ospedaliero
di chi fra queste persone si trova in precarie condizioni di salute. Le cifre al riguardo
non sono precise: alcuni parlano di 18 e altri invece di 26 prigionieri. Nel corso
delle quattro ore di conversazione dei due vescovi cubani con il presidente Castro
- a seguito di numerose richieste della Chiesa cattolica cubana e della stessa Santa
Sede, avanzate in questi ultimi anni a più riprese - la questione dei prigionieri
di coscienza è diventata centrale. Così lo ritiene l’opinione pubblica internazionale
e così lo vive la stessa società cubana che attribuisce a questa materia un forte
carattere simbolico per quanto riguarda i cambiamenti desiderati e annunciati da parte
del governo. Sabato scorso mons. Juan de Dios Hernández ha visitato in un ospedale
di Santa Clara il giornalista dissidente Guillermo Fariñas, arrivato oggi a 71 giorni
di sciopero della fame, per comunicargli la notizia dell’avvio di questa fase, anche
perché Fariñas ha sempre detto che la sua protesta è indissolubilmente legata alla
liberazione di 26 prigionieri che si trovano in condizioni di salute precarie e rischiose.
Una richiesta simile era stata fatta da parte di Orlando Zapata, dissidente morto
nel febbraio scorso dopo 86 giorni di sciopero della fame. Mons. Hernández ha rinnovato
a Fariñas la richiesta della Chiesa locale: avere fiducia nella gestione e nella mediazione
intrapresa, anche perché sia le autorità sia i vescovi ritengono che si tratti di
una questione molto seria che va risolta il prima possibile. Il presule - secondo
quanto ha riferito lo stesso Fariñas contattato telefonicamente da “Abc.es” (Spagna)
- ritiene che la sua “vita oltre ad essere preziosa perché dono di Dio è fondamentale
perché la mediazione possa progredire rapidamente e non si creino ostacoli che potrebbero
ritardare i passi necessari per la liberazione di tutti”. Intanto, la stampa internazionale,
continua a dare un grande rilievo alla notizia dal giorno in cui si è saputo dell’incontro
del presidente Raùl Castro e dei vescovi cubani. Per ora dagli Stati Uniti, da sempre
molto interessati a questo aspetto della vicenda cubana, non arrivano reazioni ufficiali
anche se i mass media considerano la decisione di Castro lungimirante e opportuna.
(A cura di Luis Badilla)