2010-05-23 15:01:20

Padre Pizzaballa: cristiani chiamati a dare una grande testimonianza in Terra Santa


Il padre francescano Pierbattista Pizzaballa è stato rieletto ieri dal definitorio dell'Ordine dei Frati Minori, ed approvato dalla Santa Sede, nell’ufficio di Custode di Terra Santa e Guardiano del Monte Sion per un triennio. Con quali sentimenti ha accolto questa notizia? Debora Donnini lo ha chiesto allo stesso padre Pizzaballa, raggiunto telefonicamente in Terra Santa:RealAudioMP3

R. – Anzittutto di gratitudine per l’apprezzamento: è un segno di apprezzamento, immagino, senza falsa modestia, del lavoro fatto e anche un invito, però, a proseguire con lena sulle indicazioni che ci sono state date.

 
D. – Qual è la situazione della Chiesa in questo momento?

 
R. – Come Chiesa, la situazione rimane sempre carica di tante prospettive ma anche di tante domande. Siamo rimasti pochi in Terra Santa, il numero dei cristiani si assottiglia; però le sfide rimangono sempre tante. Innanzitutto, il lavoro con la comunità cristiana è anche di accoglienza dei pellegrini che invece aumentano; di dialogo con le alte Chiese, di rapporti con ebrei e musulmani … Quindi, al di là della nostra fragilità siamo comunque in un crocevia molto importante della vita del mondo, dove ci viene chiesta una grande testimonianza.

 
D. – Perché il numero dei cristiani si assottiglia?

 
R. – Naturalmente, vi sono ragioni di carattere politico ed economico che sono legate l’una all’altra, perché l’instabilità politica porta anche difficoltà economiche, soprattutto per i palestinesi: non solo il cristiano, ma soprattutto il cristiano vede nella emigrazione all’estero la soluzione alle difficoltà che si trovano qui, alla mancanza di prospettive, soprattutto. Ma c’è anche un lavoro di coscientizzazione della vocazione cristiana, che è importante e che forse è l’aspetto più impegnativo che abbiamo davanti, perché essere cristiano in Terra Santa non è una casualità: è un dono di Dio, una vocazione.

 
D. – Sul fronte dei negoziati, l’inviato degli Stati Uniti, Mitchell, ha avviato la seconda fase dei negoziati indiretti. Secondo lei, che speranze ci sono che il processo di pace si concretizzi?

 
R. – Onestamente, non c’è un grande entusiasmo intorno a questa iniziativa. E’ un dialogo zoppicante perché non è un incontro diretto, e indica un forte clima di sospetto, un forte rancore tra le due parti che non lascia presagire grandi prospettive. Insomma, non si intravede, non si percepisce questo clima di desiderio di cambiare realmente i problemi che sono qui, in Medio Oriente. Spero di sbagliare, ma non credo che ci saranno grandi cambiamenti.







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