Appuntamento elettorale questa domenica in Nagorno Karabakh, per rinnovare il Parlamento
locale. L’Unione Europea ha fatto sapere che non riconoscerà il risultato di queste
legislative: l’enclave a maggioranza armena in Azerbaijan, infatti, si auto-proclamò
indipendente da Baku con un referendum nel ’91. La regione caucasica rimane ancora
oggi al centro del difficile processo di distensione tra l’Armenia e la Turchia, quest’ultima
vicina alle autorità azere. Per un aggiornamento della situazione in Nagorno Karabakh,
ascoltiamo Aldo Ferrari, docente di Lingua e letteratura armena all’Università
Ca' Foscari di Venezia e responsabile delle ricerche su Caucaso e Russia dell’Istituto
di politica internazionale Ispi di Milano, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Il Nagorno
Karabakh è una regione storicamente abitata prevalentemente da armeni che, in epoca
sovietica, negli anni Venti, venne inserita all’interno della Repubblica turca musulmana
dell’Azerbaijan. E gli armeni, nell’ultima fase dell’Unione Sovietica, durante la
Perestrojka, chiesero che questa soluzione venisse sconfessata e che la si riunisse
alla Repubblica armena; una volta crollata l’Urss, nella seconda metà del 1991, gli
armeni dell’alto Karabakh si dichiararono indipendenti, iniziando una guerra sanguinosa
durata circa tre anni con l’Azerbaijan. D. – Oggi che cos’è
l’enclave del Nagorno Karabakh? R. – A distanza di quasi 20
anni, è uno dei numerosi Stati non-Stati, cioè entità politiche non riconosciute a
livello internazionale, che però ormai da due decenni hanno un governo autonomo, proprie
forze armate e sono de facto e de iure indipendenti, anche se l’indipendenza del Karabakh
è strettamente legata a quella della vicina Repubblica armena, perché si tratta dello
stesso popolo. D. – La questione del Nagorno Karabakh rimane
al centro delle tensioni tra Turchia e Armenia. Si arriverà ad una normalizzazione
dei rapporti tra Ankara e Yerevan? R. – Questo è l’auspicio,
la speranza di tutti. Nell’ottobre dell’anno scorso vennero firmati dei protocolli
che avrebbero dovuto far iniziare il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra
i due Paesi. A dividere Yerevan da Ankara sono due dati fondamentali: uno è la questione
del riconoscimento dell'eccidio armeno, che Ankara nega e che Yerevan sostiene; l’altro
invece è la questione dell’alto Karabakh. Ma mentre una delle due questioni riguarda
precisamente Armenia e Turchia, l’altra riguarda Armenia e Azerbaigian. D.
– Si paga anche un certo scontro di sfere di influenza? R. –
Questo senz’altro, perché le tensioni etnico-territoriali nel Caucaso sono reali:
armeni contro azeri, abkhazi e osseti contro georgiani; ma esiste anche una precisa
strumentalizzazione da parte delle grandi potenze, della Russia, in particolare, che
non vuole perdere il proprio ruolo nella regione; e degli Stati Uniti, che premono
da anni - anche se adesso con la presidenza Obama con molta minore intensità - per
entrare invece in forza in questa regione, così importante dal punto di vista sia
strategico, sia economico.