2010-05-20 15:33:15

Convegno al Camillianum sul dolore che interpella la fede


Davanti alla presenza del male nel mondo, per molte persone la fede sembra voler sostenere posizioni irragionevoli o comunque inaccettabili. Proprio partendo da questa diffusa mentalità, l’Istituto internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria, più conosciuto come Camillianum, ha organizzato per oggi e domani, presso la sua sede romana, un Convegno intitolato “L’ateologia naturale. La sofferenza interpella la ragione e la fede”. Tra i molti esperti che prenderanno la parola, figura il preside del Camillianum, padre Luciano Sandrin. Fabio Colagrande lo ha intervistato, partendo da una affermazione più volte ribadita da Benedetto XVI:RealAudioMP3

D. – In occasione dell’Angelus del 7 marzo scorso, il Papa ricordava che Dio vuole sempre e solo il bene dei suoi figli, ma per un disegno imperscrutabile del suo amore talora permette che siano provati dal dolore per condurli a un bene più grande. Potremmo iniziare da questa frase la nostra riflessione sul tema del vostro convegno...
 
R. – Certamente la frase è impegnativa e chiama in causa la nostra fede. Io direi però che bisogna avvicinarsi a questa frase anche con un senso del mistero. In realtà, il piano di Dio è anche molto misterioso e certamente Lui ha le sue strade. Di solito, di fronte a queste tematiche io mi muovo più dal punto di vista pastorale, che non cerca di spiegare ciò che può essere complicato spiegare, quanto piuttosto di offrire una cura, una vicinanza accanto a chi soffre, cioè l’aiuta a resistere, a cercare, a camminare in un momento in cui sarebbe tentato di lasciar perdere anche il problema di Dio.
 
D. – Quindi, non c’è una risposta razionale alla sofferenza, anche dal punto di vista di una teologia cattolica?
 
R. – Io credo che ci sia la possibilità di credere, di affidarsi anche quando in realtà non si comprende ciò che sta succedendo. E armonizzare la dissonanza tra l’onnipotenza di Dio, la sua bontà e la sofferenza, a livello teorico, cercare una risposta attraverso la vicinanza pastorale, che è fatta anche di parole, di celebrazioni, di cura e di comunione e che quindi non risolvono il problema, ma fanno sentire la persona meno sola nel momento del dolore e quindi l’aiutano a resistere in questo momento, e a non trasformare in male, cioè in lontananza da Dio, quella che è la sofferenza.
 
D. – C’è dunque un modo, e voi camilliani lo provate proprio con il vostro carisma, di vivere la fede nel concreto, nell’amore verso gli altri, che è una risposta a domande come: “Perché Dio permette il male nel mondo”?
 
R. – Potremmo dire che di fronte ad una domanda, c’è un momento pratico e un momento intellettuale. Il momento intellettuale chiaramente è molto importante. Anche questa ricerca intellettuale è la ricerca di una risposta, solo che di fronte alla domanda di chi soffre, di chi è davanti e sta soffrendo, il momento pratico deve precedere il momento intellettuale, perché altrimenti il momento intellettuale a volte viene letto come una forma di fuga rispetto alla domanda. Quindi, poi, il momento pratico si risolve, si esprime attraverso le varie forme, le ricche forme della pastorale ecclesiale: di star lì accanto a chi soffre, quando si può fare qualcosa per chi soffre, ma anche quando sembra, potremmo dire, che non si possa fare niente per chi soffre. Ad esempio a me piace un passo della Deus caritas est, in cui il Papa stesso dice che il cristiano sa quando è tempo di parlare e di dire e quando è giusto tacere di Lui e lasciar parlare solamente l’amore. Di fronte a questo, è importante non fuggire, come Maria, Stabat Mater, che non è fuggita e ha vegliato fino alla fine.(Montaggio a cura di Maria Brigini)







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