L'arte che rende plastico il Dio rivelato: in un volume gli scritti del Papa e del
cardinale Ratzinger sul rapporto tra musica e liturgia
La musica, nella liturgia, è il segno col quale la Chiesa interpreta la Rivelazione.
E’ questa la tesi di fondo contenuta in molti degli scritti che – sia un tempo da
cardinale, sia ora in veste di Pontefice – Joseph Ratzinger ha periodicamente espresso
nel corso degli anni. Una significativa selezione di questi testi è contenuta nel
volume appena uscito in libreria, intitolato “Lodate Dio con arte” e pubblicato dalla
Marcianum Press. Fabio Colagrande ne ha parlato con il sacerdote salesiano,
don Massimo Palombella, musicista, compositore e docente ala Pontificia Università
Salesiana e al Conservatorio di Novara:
R. – A me
pare di cogliere che tutte le volte in cui, sia il cardinale Ratzinger che Papa Benedetto
XVI, affrontino la questione musica, arte e liturgia emerga un pensiero di fondo:
quando noi facciamo musica all’interno di una celebrazione liturgica, questa non è
un’occasione di fatto per ascoltare esteticamente solo della buona musica, ma primariamente
è un gesto attraverso il quale la Chiesa dice e interpreta la Rivelazione. Quindi,
l’arte è la modalità con la quale la Chiesa, nella sua storia, ha reso plastico il
Dio rivelato.
D. – Uno dei temi che troviamo in questo
volume è quello della grande sfida della riforma liturgica del Concilio Vaticano II,
anche per quanto riguarda proprio il linguaggio musicale…
R.
– A me pare che un’idea di fondo presente in questa pubblicazione, ma anche leggendo
tutti gli scritti di Joseph Ratzinger, sia che ogni riforma liturgica che la Chiesa
compie è sempre inclusiva delle precedenti. Per cui, l’atteggiamento con il quale
noi dobbiamo cogliere e comprendere il patrimonio ecclesiale è quello di una inclusività
e non quello di una esclusività. Questo è il primo dato. Poi, tutto si colloca in
una nozione di liturgia, all'interno di una nozione di ecclesiologia. La sfida del
Concilio Vaticano II, fondamentalmente e primariamente, non è una dunque una sfida
del togliere cose o di aggiungerne nuove, ma è quello del ricomprendere tutto all’interno
di un’ecclesiologia che ci pone consiglio, e in questa comprensione tutto diventa
una grossa sfida di cultura.
D. – Una sfida culturale
che si pone a tutta la Chiesa, per quanto riguarda l’utilizzo della musica in ambito
liturgico. Quindi, è un momento molto importante, in cui, sulla scorta anche di questi
scritti di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, ricordarsi dell’importanza che hanno i
linguaggi artistici…
R. – Il linguaggio artistico
ha la capacità di andare oltre la sola parola detta. In fin dei conti, viene incontro
alla stessa struttura fondamentale della Rivelazione, che non si esaurisce con il
solo parlare, ma viene incontro a ciò che la sola parola non può dire e che quindi
esprime attraverso un linguaggio plastico, aprendo – secondo un’espressione che usa
spesso Joseph Ratzinger nel suo libro – il cielo, squarciando il cielo.
D.
– Uno dei passaggi di questo volume, che raccoglie gli scritti di Joseph Ratzinger-Benedetto
XVI sulla musica, ricorda la parentela particolare che c’è tra musica e speranza…
R.
– Credo che questa connessione non sia tanto d’ordine emotivo, ma sia anche in questo
caso, e profondamente, di ordine teologico. La musica destinata alla liturgia, la
musica sacra, è connessa con la speranza, perché la musica sacra dice la salvezza,
dice la possibilità del contatto con l’umanità gloriosa di Cristo e quindi dice la
vita in abbondanza.