Anno Sacerdotale: l’amore per l’Africa nella testimonianza di padre Ermanno Bastin
Era ancora bambino quando ha conosciuto le missioni in Africa, poi la decisione di
entrare nella congregazione dei Padri Bianchi per dedicarvisi totalmente. Padre
Ermanno Bastin, religioso di origine belga, vive oggi a Roma, ma nel suo bagaglio
di sacerdote ci sono esperienze in Burkina Faso e in Terra Santa, dove ha sperimentato
la ricchezza del confronto con culture diverse. Per la nostra rubrica dedicata all’Anno
Sacerdotale, ascoltiamo padre Ermanno raccontarsi al microfono di Tiziana Campisi:
R. – Mi sembra
di non essermi mai visto diversamente se non sacerdote. In particolare, forse è stata
l’esperienza di un missionario dell’Africa che mi ha indotto a scegliere la vita religiosa.
Quando avevo 10 anni, lui ci mostrava delle foto dell’Africa e io ho sempre sognato
l’Africa. Poi sono diventato davvero missionario in Africa. Devo dire che per me è
stata una cosa quasi naturale. Sono stato ordinato nel 1961, sono stato 10 anni in
missione in Burkina Faso, in Africa, in una parrocchia rurale, dove ancora la tradizione
africana era molto forte. Dopo 12 anni, mi sono occupato della formazione dei sacerdoti
africani, dove ho lavorato per 15 anni; poi, sono stato 6 anni a Gerusalemme, dove
ho guidato gruppi di missionari che seguivano corsi di rinnovamento spirituale. Da
11 anni, infine, vivo a Roma, dove lavoro per la nostra congregazione, ma dirigo anche
molti ritiri spirituali, esercizi, e mi occupo di accompagnamento spirituale.
D.
– Che cosa conserva delle sue esperienze in missione?
R.
– Un bellissimo ricordo della bellezza del Vangelo, quando trasforma le comunità umane;
la gioia della fede di coloro che non hanno mai sentito parlare di Cristo …
D.
– Cosa può dirci invece della sua esperienza strettamente personale, da sacerdote?
R.
– Per me, il sacerdozio non è stato prima di tutto la scelta di un lavoro, di una
carriera, di un impegno, è stato un "affare" tra Cristo e me; piuttosto una questione
di amore personale, di relazione personale. E’ stata una consacrazione totale a Cristo
con l’impegno di seguirlo, di imitarlo … Per me era evidente che di amore totale può
essercene uno soltanto: uno non si può sposare con due donne contemporaneamente! Così,
per me è stata sostanzialmente un’esperienza di consacrazione totale a Cristo. Per
questo non ho sentito il celibato come qualcosa che la Chiesa impone; per me è stata
un’ovvietà perché per vivere così, totalmente dedicato a Cristo, non avrei potuto
condividere nessun altro amore umano – bellissimo - ma diverso.
D.
– Lei è un padre Bianco. Come vive la spiritualità che le è propria?
R.
– Nel riconoscere, nel cercare nella vita concreta la presenza e la volontà di Dio,
non ritirandomi dal mondo ma vivendo in mezzo al mondo, nelle scelte da fare ogni
giorno, nell’avere uno spirito di ricerca del volere di Dio. Quindi cercando in ogni
momento la volontà di Dio, ciò che è nella linea del Vangelo, della Buona Novella.
In tutta la mia vita, sono stato considerato come una persona che aveva una sola cosa
da dare: Cristo. E quindi, anche persone non credenti hanno sempre visto in me qualcuno
che aveva una sola cosa da offrire: Cristo.
D. –
Lei è felice?
R. – Molto! Veramente. E sempre più!
Non voglio dire che sono contento di me stesso: sono consapevole delle mancanze umane.
Sono contento di Lui. Non di me.