Drammatiche le ultime ore in Thailandia dove da ieri sono ripresi gli scontri tra
esercito e camicie rosse che chiedono le dimissioni del premier e l’incriminazione
del numero due dell’esecutivo per la dura repressione del mese scorso. Finora sono
almeno cinque i morti e una quarantina i feriti, tra cui anche tre giornalisti, un
reporter di France 24 e due thailandesi. Ma gli scontri sono destinati a continuare.
I leader della protesta insistono: il premier Vejjajiva sciolga immediatamente il
Parlamento o “questa notte ci sarà una grande tragedia”. Il servizio di Gabriella
Ceraso:
L’esercito
come annunciato, da ieri non dà tregua alle camicie rosse asserragliate vicino al
quartiere finanziario di Bangkok da 5 settimane. All’isolamento totale con il taglio
di elettricità e acqua ai presidi, i dimostranti hanno reagito dando fuoco a tre automezzi
militari. E’ iniziata allora la carica dei soldati per uno sgombero forzato della
zona intorno al quartier generale delle camicie rosse a Suan Lum, zona in cui si trovano
anche numerose sedi diplomatiche ormai chiuse. Testimoni oculari parlano però di proiettili
veri e non solo di lacrimogeni usati dai soldati, che avrebbero ferito anche tre giornalisti,
vicini alla barricata. La protesta dilaga di ora in ora e non accenna a diminuire
perché, come hanno ribadito i leader, si lotterà fino alla fine. Inutile finora l’appello
dell’ex-premier in esilio Taksin Shinawatra al governo perché revochi lo stato d’emergenza
e riprenda il negoziato arenatosi alla richiesta dei dimostranti di incriminare il
responsabile della sicurezza interna per gli scontri dello scorso 10 aprile. Ma sulla
drammatica situazione che sta vivendo il paese sentiamo la testimonianza di Stefano
Vecchia raccolta da Bangkok qualche ora fa….
R.
– Sono qui davanti alle barricate sulla Silom Road. I cecchini continuano
a sparare. I soldati stanno cercando di aggirare la protesta e nel frattempo sono
stati avvisati manifestanti dai loro leader che i soldati probabilmente stanno utilizzando
la linea della metropolitana sopraelevata per prendere di sorpresa la gente che sta
sotto. Ci sono già diversi feriti e la situazione è molto, molto tesa. Pare che il
dialogo sia ormai praticamente soltanto un’illusione.
D.
– Qual è la condizione delle persone? Perché questi presidi sono pieni di donne, di
bambini e anche di anziani...
R. – Esattamente, questa
è la situazione che permane. Quindi, evidentemente se ci dovesse essere una repressione
indiscriminata farebbe numerose vittime anche innocenti.
D.
– Erano previsti anche arrivi di nuove “camicie rosse” dalle province, di rinforzi...
R.
– Sono confermati. Al momento hanno parlato di duemila, che stanno entrando in città.
E’ anche una questione di tempo. Il presidente continua a guardare in aria e ha paura
dei cecchini. Si è continuamente sotto tiro e bisogna continuamente restare in una
posizione coperta.
D. – Quali potrebbero essere i
prossimi passi, anche del governo?
R. – E’ estremamente
difficile. Bisogna capire se tutte queste manovre sono solo una pressione, se vogliamo
brutale, per convincere la protesta a sciogliersi, oppure se realmente la repressione
ci sarà e sarà pesante.