Il Consiglio di Stato: l'ora di religione concorre al credito scolastico
Gli insegnanti di religione in Italia plaudono alla sentenza del Consiglio di Stato
secondo la quale l’ora di religione concorre con le altre materie all’attribuzione
del credito scolastico. Soddisfazione dal Ministero dell’Istruzione. Ma non mancano
le polemiche: la rete degli studenti parla di discriminazione per chi non si avvale
dell’insegnamento della religione e chiede l’introduzione di corsi alternativi, mentre
secondo i radicali la religione cattolica è stata tacitamente eletta a religione ufficiale
della scuola italiana. Non è d’accordo Sergio Ciccatelli, esperto di legislazione
scolastica che, al microfono di Paolo Ondarza spiega: “Questa sentenza non
rappresenta nulla di nuovo”.
R. – L’insegnamento
di religione è facoltativo ma - diceva già la Corte costituzionale nel 1989 - una
volta che lo studente lo ha scelto diventa per lui obbligatorio frequentarlo. Il Consiglio
di Stato aggiunge che se è obbligatorio frequentarlo, allora è doveroso valutarlo.
D.
– Questo rafforza anche il ruolo degli insegnanti di religione?
R.
- In un certo senso sì, perché la situazione che si era venuta a creare era stata
più quella di una campagna mediatica che non di una condizione giuridicamente definita.
Quindi, il Consiglio di Stato ha semplicemente ribadito che gli insegnanti di religione
partecipano alla valutazione dei loro alunni come era sempre stato.
D.
– Alcune associazioni laiche di studenti chiedono dei corsi alternativi che sono previsti
da questa sentenza del Consiglio di Stato ma che sono assenti nella maggior parte
delle scuole…
R. – Sì, questo è vero. Solo il quattro
per cento degli studenti di scuola superiore che non frequentano religione fanno effettivamente
delle attività alternative. Molto spesso è l’incapacità della scuola di attivare queste
opzioni. La sentenza del Consiglio di Stato introduce, appunto, un aspetto che lo
stesso Consiglio dichiara non essere richiesto ma sente il dovere di aggiungerlo e,
cioè, la raccomandazione che le scuole assicurino effettivamente delle attività alternative.
Il problema è che il Consiglio di Stato fa riferimento a un quadro normativo che è
precedente a quello attuale. Da quest’anno, infatti, è in vigore il nuovo regolamento
di valutazione che è stato varato lo scorso anno dal ministro. Secondo questo regolamento
ci sarà un trattamento diverso tra l’insegnante di religione e l’insegnante di attività
alternative. L’insegnante di religione partecipa a pieno titolo allo scrutinio, quello
di attività alternativa dà semplicemente un parere sui risultati della sua attività
e questo effettivamente - a mio parere - può creare una disparità di trattamento.
D. – Forse da questo punto di vista ci potrebbe
essere qualche correzione da fare?
R. - Personalmente
mi auguro che questa correzione ci sia. Il Consiglio di Stato con la sua raccomandazione
in un certo senso lancia un messaggio a coloro che già hanno promesso ricorsi su questo
aspetto.