Missione prioritaria della Chiesa è tenere sveglia la ricerca della verità, in dialogo
col mondo: così il Papa nell'incontro con gli operatori della cultura
“La Chiesa ritiene come sua missione prioritaria, nella cultura attuale, tenere sveglia
la ricerca della verità e, conseguentemente, di Dio; portare le persone a guardare
oltre le cose penultime e mettersi alla ricerca delle ultime”: è quanto ha detto il
Papa stamani nella seconda giornata del suo viaggio apostolico in Portogallo, durante
l’incontro con i rappresentanti del mondo della cultura nel Centro Culturale di Belém
a Lisbona. Un grande e caloroso applauso ha accolto l'ingresso del Papa sul palco
del Centro culturale. Oltre mille gli esponenti delle scienze e delle arti del Paese
presenti all’incontro. Dopo un'introduzione musicale, ha rivolto il saluto al Papa
mons. Manuel Clemente, vescovo di Porto e presidente della Commissione episcopale
per la Cultura. Quindi ha parlato il grande regista portoghese Manoel de Oliveira,
di 101 anni, che al termine ha abbracciato commosso Benedetto XVI. “Oggi – ha sottolineato
il Papa nel suo discorso - la cultura riflette una «tensione», che alle volte prende
forme di «conflitto», fra il presente e la tradizione. La dinamica della società assolutizza
il presente, staccandolo dal patrimonio culturale del passato” segnato “dal millenario
influsso del cristianesimo”. “Questo «conflitto» fra la tradizione e il presente –
ha aggiunto - si esprime nella crisi della verità, ma unicamente questa può orientare
e tracciare il sentiero di una esistenza riuscita, sia come individuo che come popolo.
Infatti un popolo, che smette di sapere quale sia la propria verità, finisce perduto
nei labirinti del tempo e della storia, privo di valori chiaramente definiti e senza
grandi scopi chiaramente enunciati. Cari amici, c’è tutto uno sforzo di apprendimento
da fare circa la forma in cui la Chiesa si situa nel mondo, aiutando la società a
capire che l’annuncio della verità è un servizio che Essa offre alla società, aprendo
nuovi orizzonti di futuro, di grandezza e dignità … Questa missione di verità è per
la Chiesa irrinunciabile» (Enc. Caritas in veritate, 9)”. “Per noi, cristiani – ha
proseguito - la Verità è divina; è il «Logos» eterno, che ha acquisito espressione
umana in Gesù Cristo, il qual ha potuto affermare con oggettività: «Io sono la verità»
(Gv 14,6). La convivenza della Chiesa, nella sua ferma adesione al carattere perenne
della verità, con il rispetto per altre «verità», o con la verità degli altri, è un
apprendistato che la Chiesa stessa sta facendo. In questo rispetto dialogante si possono
aprire nuove porte alla trasmissione della verità. «La Chiesa – scriveva il Papa Paolo
VI – deve venire a dialogo con il mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa
parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa dialogo» (Enc. Ecclesiam suam,
67). Infatti, il dialogo senza ambiguità e rispettoso delle parti in esso coinvolte
è oggi una priorità nel mondo, alla quale la Chiesa non intende sottrarsi … Costatata
la diversità culturale, bisogna far sì che le persone non solo accettino l’esistenza
della cultura dell’altro, ma aspirino anche a venire arricchite da essa e ad offrirle
ciò che si possiede di bene, di vero e di bello”. Quindi il Papa lancia il suo appello
agli operatori di cultura: “Vi invito ad approfondire la conoscenza di Dio così come
Egli si è rivelato in Gesù Cristo per la nostra piena realizzazione. Fate cose belle,
ma soprattutto fate diventare le vostre vite luoghi di bellezza. Interceda per voi
Santa Maria di Betlemme, da secoli venerata dai navigatori dell’oceano e oggi dai
navigatori del Bene, della Verità e della Bellezza”. Ecco il testo del discorso
del Papa:
Venerati Fratelli nell’Episcopato, Distinte
Autorità, Illustri Cultori del Pensiero, della Scienza e dell’Arte, Cari
amici, Sento una grande gioia nel vedere qui
radunato l’insieme multiforme della cultura portoghese, che voi così degnamente rappresentate:
Donne e uomini impegnati nella ricerca e costruzione dei diversi saperi. A tutti rivolgo
l’espressione della mia più alta amicizia e considerazione, riconoscendo l’importanza
di ciò che voi fate e di ciò che siete. Il Governo, qui rappresentato dalla Signora
Ministro della Cultura, alla quale rivolgo il mio deferente e grato saluto, pensa,
con benemerito sostegno, alle priorità nazionali del mondo della cultura. Ringrazio
tutti coloro che hanno reso possibile questo nostro incontro, in particolare la Commissione
Episcopale della Cultura con il suo Presidente, Mons. Manuel Clemente, a cui sono
grato per le espressioni di cordiale accoglienza e la presentazione della polifonica
realtà della cultura portoghese, qui rappresentata da alcuni dei suoi migliori protagonisti;
dei loro sentimenti e delle loro attese si è fatto portavoce il cineasta Manoel de
Oliveira, di veneranda età e carriera, al quale va il mio saluto pieno di ammirazione
e affetto nonché di viva riconoscenza per le parole che mi ha rivolto, lasciando intravedere
in esse le ansie e le disposizioni dell’anima portoghese in mezzo alle turbolenze
della società di oggi. Infatti, oggi la cultura
riflette una «tensione», che alle volte prende forme di «conflitto», fra il presente
e la tradizione. La dinamica della società assolutizza il presente, staccandolo dal
patrimonio culturale del passato e senza l’intenzione di delineare un futuro. Tale
valorizzazione però del «presente» quale fonte ispiratrice del senso della vita, sia
individuale che sociale, si scontra con la forte tradizione culturale del Popolo portoghese,
profondamente segnata dal millenario influsso del cristianesimo e con un senso di
responsabilità globale; essa si è affermata nell’avventura delle scoperte e nello
zelo missionario, condividendo il dono della fede con altri popoli. L’ideale cristiano
dell’universalità e della fraternità aveva ispirato quest’avventura comune, anche
se gli influssi dell’illuminismo e del laicismo si erano fatti sentire. Detta tradizione
ha dato origine a ciò che possiamo chiamare una «sapienza», cioè, un senso della vita
e della storia di cui facevano parte un universo etico e un «ideale» da adempiere
da parte del Portogallo, il quale ha sempre cercato di stabilire rapporti con il resto
del mondo. La Chiesa appare come la grande paladina
di una sana ed alta tradizione, il cui ricco contributo colloca al servizio della
società; questa continua a rispettarne e apprezzarne il servizio per il bene comune,
ma si allontana dalla citata «sapienza» che fa parte del suo patrimonio. Questo «conflitto»
fra la tradizione e il presente si esprime nella crisi della verità, ma unicamente
questa può orientare e tracciare il sentiero di una esistenza riuscita, sia come individuo
che come popolo. Infatti un popolo, che smette di sapere quale sia la propria verità,
finisce perduto nei labirinti del tempo e della storia, privo di valori chiaramente
definiti e senza grandi scopi chiaramente enunciati. Cari amici, c’è tutto uno sforzo
di apprendimento da fare circa la forma in cui la Chiesa si situa nel mondo, aiutando
la società a capire che l’annuncio della verità è un servizio che Essa offre alla
società, aprendo nuovi orizzonti di futuro, di grandezza e dignità. In effetti, la
Chiesa ha «una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una
società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione. […] La fedeltà
all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà (cfr Gv 8,32)
e della possibilità di un sviluppo umano integrale. Per questo la Chiesa la ricerca,
l’annunzia instancabilmente e la riconosce ovunque essa si palesi. Questa missione
di verità è per la Chiesa irrinunciabile» (Enc. Caritas in veritate, 9). Per una società
formata in maggioranza da cattolici e la cui cultura è stata profondamente segnata
dal cristianesimo, si rivela drammatico il tentativo di trovare la verità al di fuori
di Gesù Cristo. Per noi, cristiani, la Verità è divina; è il «Logos» eterno, che ha
acquisito espressione umana in Gesù Cristo, il qual ha potuto affermare con oggettività:
«Io sono la verità» (Gv 14,6). La convivenza della Chiesa, nella sua ferma adesione
al carattere perenne della verità, con il rispetto per altre «verità», o con la verità
degli altri, è un apprendistato che la Chiesa stessa sta facendo. In questo rispetto
dialogante si possono aprire nuove porte alla trasmissione della verità. «La
Chiesa – scriveva il Papa Paolo VI – deve venire a dialogo con il mondo in cui si
trova a vivere. La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa
dialogo» (Enc. Ecclesiam suam, 67). Infatti, il dialogo senza ambiguità e rispettoso
delle parti in esso coinvolte è oggi una priorità nel mondo, alla quale la Chiesa
non intende sottrarsi. Ne dà testimonianza proprio la presenza della Santa Sede in
diversi organismi internazionali, come, per esempio, nel Centro Nordsud del Consiglio
dell’Europa, istituito 20 anni fa qui a Lisbona, che ha come pietra angolare il dialogo
interculturale allo scopo di promuovere la cooperazione fra l’Europa, il sud del Mediterraneo
e l’Africa e di costruire una cittadinanza mondiale fondata sui diritti umani e le
responsabilità dei cittadini, indipendentemente dalla loro origine etnica e appartenenza
politica, e rispettosa delle credenze religiose. Costatata la diversità culturale,
bisogna far sì che le persone non solo accettino l’esistenza della cultura dell’altro,
ma aspirino anche a venire arricchite da essa e ad offrirle ciò che si possiede di
bene, di vero e di bello. Questa è un’ora che
richiede il meglio delle nostre forze, audacia profetica, rinnovata capacità per «additare
nuovi mondi al mondo», come direbbe il vostro Poeta nazionale (Luigi di Camões, Os
Lusíades, II, 45). Voi, operatori della cultura in ogni sua forma, creatori di pensiero
e di opinione, «avete, grazie al vostro talento, la possibilità di parlare al cuore
dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e collettiva, di suscitare sogni
e speranze, di ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno umano. […] E
non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza, di
dialogare con i credenti, con chi come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella
storia verso la Bellezza infinita» (Discorso agli artisti, 21 novembre 2009). Proprio
con lo scopo di «mettere il mondo moderno in contatto con le energie vivificanti e
perenni del Vangelo» (Giovanni XXIII, Cost. ap. Humanae salutis, 3), si è realizzato
il Concilio Vaticano II, nel quale la Chiesa, partendo da una rinnovata consapevolezza
della tradizione cattolica, prende sul serio e discerne, trasfigura e supera le critiche
che sono alla base delle forze che hanno caratterizzato la modernità, ossia la Riforma
e l’Illuminismo. Così da sé stessa la Chiesa accoglieva e ricreava il meglio delle
istanze della modernità, da un lato superandole e, dall’altro evitando i suoi errori
e vicoli senza uscita. L’evento conciliare ha messo i presupposti per un autentico
rinnovamento cattolico e per una nuova civiltà – la «civiltà dell’amore» - come servizio
evangelico all’uomo e alla società. Cari amici,
la Chiesa ritiene come sua missione prioritaria, nella cultura attuale, tenere sveglia
la ricerca della verità e, conseguentemente, di Dio; portare le persone a guardare
oltre le cose penultime e mettersi alla ricerca delle ultime. Vi invito ad approfondire
la conoscenza di Dio così come Egli si è rivelato in Gesù Cristo per la nostra piena
realizzazione. Fate cose belle, ma soprattutto fate diventare le vostre vite luoghi
di bellezza. Interceda per voi Santa Maria di Betlemme, da secoli venerata dai navigatori
dell’oceano e oggi dai navigatori del Bene, della Verità e della Bellezza.