Benedetto XVI a Fatima: intervista con padre Dotti
Nel pomeriggio il Papa arriva a Fatima per la seconda tappa del suo viaggio in Portogallo:
alle 18.30 ore italiane, visita la Cappellina delle Apparizioni; quindi presiede i
Vespri con i religiosi nella Chiesa della Santissima Trinità. Chiuderà la giornata
la benedizione delle fiaccole e la recita del Rosario. Tanti i fedeli che saranno
presenti a questi eventi. Fatima è uno dei Santuari mariani più amati e visitati nel
mondo. Ma cosa portano i pellegrini in questo luogo? Il nostro inviato Roberto
Piermarini lo ha chiesto a padre Clemente Dotti, responsabile dei pellegrinaggi
italiani a Fatima:
R. – Ognuno
porta con sé la propria vita, le proprie esigenze, le proprie necessità e presenta
alla Madonna varie richieste. Potremmo dire che la maggioranza, vengono per fede;
vengono a chiedere la conversione dei figli, che si sono magari lasciati trasportare
dalla droga o da altre situazioni e hanno abbandonato la fede. Molte mamme in questa
realtà piangono qui davanti alla Madonna e chiedono la grazia della conversione. Sono
pochi quelli che vengono – e questo lo si vede - senza fede o solo per curiosità o
perché di passaggio. Ma questi sono certamente pochi! D. - Colpisce
la fede dei tanti pellegrini che giungono a piedi da ogni angolo del Portogallo, percorrendo
- anche scalzi - decine di chilometri per giungere davanti alla Vergine. Come vede
questa tradizione? R. – Sicuramente questo colpisce. Io mi ricordo
di una signora che è partita con un gruppo a 400 chilometri di distanza da Fatima
e che a metà del percorso si è sentita male e il medico le ha proibito di continuare
e l'ha fatta andare in ospedale. Quando poi è arrivata a Fatima, è venuta a chiedere
come poteva risolvere il problema, perché aveva fatto il percorso a metà e se l’anno
prossimo avrebbe potuto compiere l’altra metà. Quindi 400 chilometri a piedi, proprio
come espressione di fede, per chiedere una grazia o magari per ringraziare. Un precedente
rettore, mons. Luciano Guerra, ci diceva di un signore che dopo aver fatto chilometri
a piedi, percorse l’ultimo tratto sdraiato, strisciando a terra. Mons. Guerra andò
da lui e disse: “Non faccia questo, la Madonna non vuole, non ha certo queste esigenze…”.
Ma lui rispose: “Lei non sa quello che ho passato durante la guerra in Africa, dove
- da una parte - c’erano animali feroci che ti mangiavano e - dall’altra - c’erano
i nemici che ti ammazzavano; strisciando nella foresta sono riuscito a scappare vivo
e quindi questo è niente in confronto a quello che ho vissuto in quei tempi”. La fede
di molta gente si manifesta anche attraverso questa realtà – diciamo – esteriore di
un pellegrinaggio. D. - Cosa risponde a chi parla di eccessiva
religiosità popolare a Fatima, che spesso non è accompagnata da una coerente vita
di fede? R. – Certamente il Signore conosce il cuore di ogni
persona e sa quello che c’è di bene e di male in ciascuno di noi. La religiosità –
diciamo così – esteriore, popolare porta alla fede più sincera e se si tralascia la
religiosità popolare, penso che anche la fede sincera e il vivere cristianamente nella
realtà quotidiana ne soffrano molto. D. - In questo Anno Sacerdotale
che si sta concludendo, cosa si aspettano i sacerdoti dal Papa che lo incontreranno
proprio qui a Fatima? R. – Veramente il Papa parla molto chiaro
e forse proprio per la sua chiarezza, per la sua decisione nel parlare delle verità
della fede e di una realtà – potremmo dire - così dimenticata dal mondo di oggi e
anche dai religiosi di oggi, in questo vedo il perché sia così perseguitato. Per cui
penso che il clero aspetti la parola certa del padre che accompagna, che assicura,
che dà forza e coraggio per continuare nella loro fedeltà. Inviterà a pregare e ad
essere ancora più fedeli di fronte ad un numero molto ridotto di alcuni che non sono
capaci di vivere la loro realtà di offerta; una esortazione a pregare soprattutto
perché la generosità di altri supplisca a quelle mancanze, alle quali purtroppo come
creature umane siamo soggetti. (Montaggio a cura di Maria Brigini)