Nel mondo sono oltre 215 milioni i bambini sfruttati per il lavoro
Proseguono all’Aja i lavori della Conferenza globale sul lavoro minorile, organizzata
dai Paesi Bassi, in collaborazione con l’Oranizzazione Internazionale del Lavoro (Oil)
e in cooperazione con Unicef e Banca Mondiale. La conferenza si propone di definire
una vera e propria roadmap per giungere all’eliminazione del lavoro minorile nel 2016.
Nel suo ultimo rapporto l’Oil stima che tra il 2004 e il 2008 il numero globale dei
bambini lavoratori sia sceso di circa il 3 per cento: da 222 milioni a 215 milioni.
La preoccupazione, tuttavia, è che la crisi economica mondiale possa “frenare” i progressi
raggiunti finora volti ad eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il
2016. Sentiamo Furio Rosati, delegato dell’Oil alla Conferenza dell’Aja intervistato
da Stefano Leszczynski:
R. – In parte
a seguito della crisi, in parte a seguito anche di altre ragioni, il progresso nell’eliminazione
del lavoro minorile è rallentato negli ultimi anni. La speranza è che questa conferenza,
riportando governi, organizzazioni internazionali a riflettere su questo punto dia
nuovo vigore a questa iniziativa.
D. – La proposta
dell’Oil è proprio quella di un'operazione concertata per riuscire in questo obiettivo
…
R. – E’ abbastanza rappresentativo di questo nuovo
atteggiamento anche delle organizzazioni internazionali che in questa conferenza sono
stati presentati due rapporti sulla condizione del rapporto minorile e sulle strategie
di intervento. Un rapporto dell’Oil nel quale si fanno le nuove stime aggregate è
un rapporto congiunto di Banca mondiale, Unicef e Ilo che è stato elaborato dal programma
“Understanding Children’s Work”. Per la prima volta vede tre grandi agenzie dell’Onu
e altre agenzie multilaterali, offrire una visione congiunta della situazione e delle
strategie per affrontare la questione del lavoro minorile.
D.
– Quando parliamo di lavoro minorile, in particolare delle forme peggiori di lavoro
minorile, parliamo di settori che sono molto diversi l’uno dall’altro e che vanno
affrontati, quindi, con politiche diverse …
R. –
Sono stati identificati quattro pilastri strategici per la lotta contro il lavoro
minorile: l’educazione, un miglioramento nelle condizioni del mercato del lavoro per
i giovani e per gli adulti, l’espansione e un’adeguata copertura da parte dei sistemi
di protezione sociale e il cambiamento, anche, dell’atteggiamento delle comunità e
dei Paesi nei confronti del lavoro minorile.
D. –
Cosa si propone di raggiungere la Conferenza come risultato-base?
R.
– La Conferenza fa due cose importanti: la prima è che riafferma l’impegno della comunità
internazionale all’obiettivo estremamente ambizioso dell’eliminazione delle peggiori
forme del lavoro minorile nel 2016; è anche significativo che la riaffermazione di
questi obiettivi avvenga in un periodo in cui stiamo appena uscendo da una grossa
crisi internazionale. Ci auguriamo che – crisi permettendo – poi a questo segua anche
un maggiore impegno finanziario da parte dei governi. Ma ci auguriamo anche che i
governi dei Paesi in via di sviluppo si impegnino con maggiore vigore nella lotta
contro il lavoro minorile. Anche questi Stati, infatti, possono fare molto!