Un rapporto diffuso dalla rete dei chimici pan-africani, in collaborazione con la
società inglese di chimica e il programma dell’Onu per l’ambiente denuncia che la
qualità dell’acqua in Africa sub-sahariana è in peggioramento. Gran parte delle fonti
idriche nel Continente mostra un livello preoccupante di tossicità per la presenza
di metalli pesanti, residui industriali e uso eccessivo di fertilizzanti. Lo studio,
intitolato “Qualità dell’acqua in Africa: una prospettiva chimica e scientifica”,
sottolinea come la questione sia difficile da affrontare per l’assenza, in molti Paesi
del Continente, di programmi volti al monitoraggio dell’acqua e al raggiungimento
di obiettivi di qualità ambientale. Ovidio diceva: “Aquas in mare fundere”, cioè “portare
l’acqua al mare”, purtroppo quella che perviene all’Oceano che lambisce l’Africa è
oggi di pessima qualità. E questo ha, ovviamente, serie ricadute sulla qualità di
vita della popolazione: secondo dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, circa
la metà dei pazienti che occupano posti letto negli ospedali africani soffre di malattie
legate ad agenti patogeni trasmessi con l’acqua. Questa incidenza unita alla mancanza
di un adeguato accesso ai servizi sanitari determina un costo annuale sulle economie
dei Paesi sub-sahariani pari al 5% del prodotto interno lordo. Ogni anno, in particolare
sono circa un milione e mezzo i bambini sotto i cinque anni a perdere la vita per
patologie legate alla contaminazione dell’acqua. Accanto a questa drammatica constatazione,
un incentivo e una speranza: nella parte finale del documento si suggerisce che gli
scienziati che lavorano in Africa hanno conoscenze, esperienza e potenziale per aiutare
a formulare e realizzare strategie sostenibili per migliorare la qualità delle risorse
idriche. “Una conoscenza approfondita della qualità delle risorse idriche – si legge
infine nel documento ripreso da Misna – è essenziale per garantire che l’acqua potabile
sia trattata adeguatamente ed evitata la contaminazione delle fonti”. (M.A.)