Le principali Borse europee volano in rialzo, spinte dal piano varato nella notte
dalla Ue per sostenere la moneta unica minacciata dagli attacchi della speculazione.
In totale sono stati stanziati 750 miliardi di euro, compreso l'intervento del Fondo
Monetario Internazionale. Il servizio di Fausta Speranza: Londra
guadagna oltre il 4%, Parigi oltre il 6%, Atene circa l’11 eMadrid
segna più 12%, anche sulla scia del forte rialzo dei futures sugli indici della
Borsa di New York. Tutto innescato dal piano varato nella notte dall’Ue. Da parte
sua, il direttore generale del Fmi, Dominique Strauss-Khan, afferma che il
piano per la difesa dell'Euro è “un grande passo avanti”, che le misure prese questa
notte sono importanti “sia sul lato europeo che su quello della Bce” e che potrebbero
essere sufficienti. Il piano varato dall’Unione europea dopo 10 ore di negoziati è
senza precedenti: 750 miliardi per blindare la zona euro dagli attacchi della speculazione
ed evitare il rischio default di altri Paesi dopo quello corso con la Grecia. In sostanza,
ci sono: uno scudo 'anti-speculazione' di 60 miliardi di euro e 440 miliardi di prestiti
bilaterali da parte degli Stati membri della zona dell'Euro, sul modello del piano
salva-Grecia. Si sommano alla quota del Fmi: aumentata da 220 a 250 miliardi. Dopo
il no deciso del Regno Unito agli aiuti, a sbloccare la situazione è stata la Germania,
che ha chiesto però nuove misure contro il deficit a Madrid e Lisbona. Ma se il piano
salva l’emergenza, resta il bisogno di più politica economica. La Commissione spinge
per l’istituzione di una vera governance economica in ambito Ue. Fa sapere che presenterà
già mercoledì le sue proposte per procedere verso un rafforzamento del coordinamento
tra la politiche economiche dei Paesi Ue. Al fondo lanciato a Bruxelles
non partecipa dunque la Gran Bretagna. Il ministro delle Finanze di Londra, Darling,
ha infatti confermato che il Regno Unito non contribuirà al piano anticrisi. Sulla
gravità della situazione nella zona Euro e sulla spaccatura in seno all’Unione europea
nell’adottare le misure anticrisi, il commento dell’economista Francesco Carlà,
intervistato da Stefano Leszczynski:
R. – La strategia
europea in questo momento era abbastanza obbligata, perché eravamo arrivati davvero
alla fine dell’Euro, perlomeno alla fine dell’Euro così come lo avevamo conosciuto.
Infatti, già si parlava di Euro a due velocità, di doppio Euro, di Euro per i Paesi
latini ed euro per i Paesi del Nord Europa. Insomma, era assolutamente un’esigenza
politica, prima ancora che economica e finanziaria. Per questo si sono riuniti con
tanta urgenza. D. – Si sono riuniti con urgenza, hanno visto
che i soldi ai quali avevano pensato inizialmente non bastavano e in più hanno deciso
la creazione di un fondo europeo nei confronti del quale ci sono parecchie opposizioni.
Come mai? R. – Le opposizioni ci sono perché, come sempre, quando
c’è da mettere mano al portafoglio, i discorsi teorici, politici di un certo genere
"vanno in soffitta" e arriva il momento in cui si cerca di fare gli interessi più
specifici del proprio Paese. Anche perché poi questa vicenda dell’Euro è nata a cavallo
di due campagne elettorali, anzi di due sedute elettorali: una in Germania ed una
in Inghilterra. Quindi, certi atteggiamenti dell’Inghilterra e quelli iniziali di
resistenza della Merkel, della Germania, spiegano anche questo punto di vista. La
Merkel ha perso le elezioni per aver dovuto alla fine dire sì al piano greco e al
piano europeo. D. – In un’epoca di globalizzazione, anche della
finanza, dell’economia, dei mercati, ha senso non partecipare ad un meccanismo di
difesa dalle crisi monetarie, solo perché non si fa parte della moneta unica? R.
– A mio avviso non ha nessun senso per due ragioni. La prima è che adesso la sterlina
potrebbe diventare il nuovo obiettivo della speculazione. Quindi, gli inglesi avranno
qualche difficoltà a chiedere aiuto ai partner europei e ad ottenerlo. Mi sembra poi
molto sballato anche dal punto di vista strategico per l’Inghilterra, perché l’Inghilterra
ha alcuni dei più grossi istituti di credito, istituti bancari del mondo, che sono
fortissimamente esposti anche all’area Euro, che poi è uno dei motivi per cui Obama
si è dato così tanto da fare per supportare le decisioni della Merkel e dell’Europa
in questa vicenda. Da una parte, c’è un fatto di democrazia globalizzata, ma dall’altro
c’è un fatto molto più pratico di coinvolgimento enorme delle banche americane nelle
vicende europee.