Testimone coraggioso del Vangelo: così il Papa alle esequie del cardinale Poggi. Senza
fede, tutto appare perduto con la morte
“Testimone di quella fede coraggiosa che sa fidarsi di Dio”: così ieri pomeriggio
il Papa ha ricordato il cardinale Luigi Poggi, archivista e bibliotecario emerito
di Santa Romana Chiesa, scomparso martedì scorso all’età di 92 anni. Nella Basilica
Vaticana, Benedetto XVI ha presieduto il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio
del porporato, al termine delle esequie celebrate dal cardinale Angelo Sodano. Nella
sua omelia, il Papa ha ripercorso la lunga vita del cardinale Poggi, “fedele servitore
del Vangelo e della Chiesa” ed ha ribadito la speranza nella resurrezione. Il servizio
di Isabella Piro.
(musica) Dinanzi
al mistero della morte, “per l’uomo che non ha fede tutto sembrerebbe irrimediabilmente
perduto. È la parola di Cristo, allora, a rischiarare il cammino della vita e a conferire
valore ad ogni suo momento”. Parte da questo Benedetto XVI per ricordare il cardinale
Poggi, ribadendo che “il dolore per la perdita della sua persona viene mitigato dalla
speranza nella resurrezione, fondata sulla parola stessa di Gesù”: "Gesù
Cristo è il Signore della vita, ed è venuto per risuscitare nell’ultimo giorno tutto
quello che il Padre gli ha affidato (cfr Gv 6,39). Questo è anche il messaggio che
Pietro annuncia con grande forza nel giorno di Pentecoste (cfr At 2,14.22b-28). Egli
mostra che Gesù non poteva essere trattenuto dalla morte. Dio lo ha sciolto dalle
sue angosce, perché non era possibile che essa lo tenesse in suo potere. Sulla croce
Cristo ha riportato la vittoria, che si doveva manifestare con un superamento della
morte, cioè con la sua risurrezione". Quindi, il Santo Padre ripercorre
la vita del cardinale Poggi, ricordando la sua “missione sacerdotale” presso la Segreteria
di Stato negli “anni difficili” del 1945, poi l’impegno in Africa e in Perù negli
anni ’70, quindi l’operato di nunzio apostolico con incarichi speciali per i Paesi
dell’Europa dell’Est, fino a diventare “un protagonista della ostpolitik vaticana
nei Paesi del blocco comunista”, alla scuola del cardinale Casaroli. Negli anni ’80,
il porporato diventa nunzio apostolico in Italia, e si occupa delle provviste vescovili
e della “delicata fase di riordinamento delle diocesi italiane”. “Se siamo
morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui”, continua Benedetto XVI citando
San Paolo, ricordando che “chi è morto, è liberato dal peccato”:
"L’unione
sacramentale, ma reale, con il Mistero pasquale di Cristo apre al battezzato la prospettiva
di partecipare alla sua stessa gloria. E questo ha una conseguenza già per la vita
di quaggiù, perché, se in virtù del battesimo noi già partecipiamo alla risurrezione
di Cristo, allora già adesso 'possiamo camminare in una vita nuova'". Ecco
perché, conclude Benedetto XVI, la morte di un fratello in Cristo “è sempre motivo
di intimo e riconoscente stupore per il disegno della divina paternità, che ci libera
dal potere delle tenebre e ci trasferisce nel regno del suo Figlio diletto”.