2010-05-08 12:52:19

Testimone coraggioso del Vangelo: così il Papa alle esequie del cardinale Poggi. Senza fede, tutto appare perduto con la morte


“Testimone di quella fede coraggiosa che sa fidarsi di Dio”: così ieri pomeriggio il Papa ha ricordato il cardinale Luigi Poggi, archivista e bibliotecario emerito di Santa Romana Chiesa, scomparso martedì scorso all’età di 92 anni. Nella Basilica Vaticana, Benedetto XVI ha presieduto il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio del porporato, al termine delle esequie celebrate dal cardinale Angelo Sodano. Nella sua omelia, il Papa ha ripercorso la lunga vita del cardinale Poggi, “fedele servitore del Vangelo e della Chiesa” ed ha ribadito la speranza nella resurrezione. Il servizio di Isabella Piro.RealAudioMP3

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Dinanzi al mistero della morte, “per l’uomo che non ha fede tutto sembrerebbe irrimediabilmente perduto. È la parola di Cristo, allora, a rischiarare il cammino della vita e a conferire valore ad ogni suo momento”. Parte da questo Benedetto XVI per ricordare il cardinale Poggi, ribadendo che “il dolore per la perdita della sua persona viene mitigato dalla speranza nella resurrezione, fondata sulla parola stessa di Gesù”: 
"Gesù Cristo è il Signore della vita, ed è venuto per risuscitare nell’ultimo giorno tutto quello che il Padre gli ha affidato (cfr Gv 6,39). Questo è anche il messaggio che Pietro annuncia con grande forza nel giorno di Pentecoste (cfr At 2,14.22b-28). Egli mostra che Gesù non poteva essere trattenuto dalla morte. Dio lo ha sciolto dalle sue angosce, perché non era possibile che essa lo tenesse in suo potere. Sulla croce Cristo ha riportato la vittoria, che si doveva manifestare con un superamento della morte, cioè con la sua risurrezione".  
Quindi, il Santo Padre ripercorre la vita del cardinale Poggi, ricordando la sua “missione sacerdotale” presso la Segreteria di Stato negli “anni difficili” del 1945, poi l’impegno in Africa e in Perù negli anni ’70, quindi l’operato di nunzio apostolico con incarichi speciali per i Paesi dell’Europa dell’Est, fino a diventare “un protagonista della ostpolitik vaticana nei Paesi del blocco comunista”, alla scuola del cardinale Casaroli. Negli anni ’80, il porporato diventa nunzio apostolico in Italia, e si occupa delle provviste vescovili e della “delicata fase di riordinamento delle diocesi italiane”.  
“Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui”, continua Benedetto XVI citando San Paolo, ricordando che “chi è morto, è liberato dal peccato”:

"L’unione sacramentale, ma reale, con il Mistero pasquale di Cristo apre al battezzato la prospettiva di partecipare alla sua stessa gloria. E questo ha una conseguenza già per la vita di quaggiù, perché, se in virtù del battesimo noi già partecipiamo alla risurrezione di Cristo, allora già adesso 'possiamo camminare in una vita nuova'".  
Ecco perché, conclude Benedetto XVI, la morte di un fratello in Cristo “è sempre motivo di intimo e riconoscente stupore per il disegno della divina paternità, che ci libera dal potere delle tenebre e ci trasferisce nel regno del suo Figlio diletto”.

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