Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa sesta Domenica del Tempo di Pasqua la liturgia ci presenta il passo del
Vangelo in cui Gesù rivolge ai discepoli queste parole:
«Se uno mi ama,
osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora
presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole”.
Su questo brano
evangelico, ascoltiamo il padre carmelitano Bruno Secondin, professore di Teologia
spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Parole che
stridono, se messe insieme: “amare” e “osservare”. L’amore non richiama forse spontaneità,
passione, libertà? E osservanza non fa venire in mente obbligo, divieto, precetto?
Eppure Gesù le fonde insieme, con insistenza, attraverso la fedeltà alla Parola: “Se
uno mi ama, osserverà la mia parola”. E chiama in soccorso anche lo Spirito Santo
per rafforzare questo legame: “Egli vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto”. Perché
questa connessione così stretta tra amare Gesù e osservare la Parola? Perché c’è una
visione ebraica sullo sfondo: "Parola/dabar" è molto più che suono o vocabolo. È rivelazione,
manifestazione interiore, è gesto e azione; anzi, nella mentalità biblica, "dabar"
è Dio stesso in azione, con parole ed eventi. Aderire alla Parola, accoglierla con
fiducia e conservarla, è quindi accogliere Colui che la pronuncia: osservarla è affidarsi,
trovare in essa solidità, pienezza di vita, sapienza e valori. Ecco perché ci vuole
lo Spirito Santo per accoglierla e viverla: la sua luce e il suo amore la rende in
noi davvero efficace, amata e osservata.