In Gran Bretagna, 47 milioni di persone sono chiamati oggi alle urne per il rinnovo
del governo. Secondo le previsioni, il voto decreterà la fine dell’era dei laburisti,
da 13 anni alla guida del Paese. Il servizio di Sagida Syed:
I vescovi
britannici si sono rivolti agli elettori, anglicani e cattolici, lanciando un appello
affinché si orientino verso una scelta consapevole. Proprio sulle parole dei vescovi
e sui temi in campo, Luca Collodi ha sentito il prof. Antonio Maria Baggio, docente
di filosofia Politica all’Università Sophia di Loppiano: R.
– Io ho visto che i vescovi che hanno preso posizione o che hanno fatto degli interventi
sono preoccupati, in generale, di indirizzare la coscienza - sia di anglicani che
di cattolici - verso una scelta consapevole. C’è da dire che su temi molto delicati,
come ad esempio la famiglia, tutti e tre i partiti che stanno concorrendo e i relativi
candidati hanno un po’ perso la partita. I conservatori hanno lanciato l’idea di un
sostegno anche economico, ma si tratta di poca cosa: è più che altro un messaggio
che si lanciano dicendo: “Noi continueremo a pensare alla famiglia”. Purtroppo, la
società inglese è un po’ come la nostra e, quindi, forse ancora più franata su tutti
i valori che riguardano la vita e la bioetica.
D.
– Altro aspetto del voto londinese riguarda il British National Party, partito popolare
che si sta rafforzando grazie alla disoccupazione e anche all’aumento dell’immigrazione
e che sta facendo risultato in particolare nella classe media degli inglesi…
R.
– Nella classe media e, direi, in quella medio-bassa perché c’è concorrenza per accedere
ai servizi sociali. Uno degli effetti che viene percepito in maniera molto negativa
dai ceti più bassi e più esposti alla concorrenza, anche dei nuovi giganti dei mercati
asiatici, è proprio questo: è più difficile ottenere una visita medica, è più complicato
iscrivere i bambini a scuola, perché c’è questa presenza di immigrati. Il ceto medio
si sente minacciato, perché teme di scendere la china. Questo fenomeno – sembrerebbe
quasi inutile dirlo – noi lo abbiamo incontrato varie volte in momenti di crisi, eppure
sembra che ogni volta che si ripresenti, la politica debba di nuovo imparare da capo
come fare le cose.
D. – Tra l’altro, è un fenomeno
che sta prendendo campo un po’ in tutta Europa…
R.
– Ha ragione, ed è un fenomeno pericoloso. Noi dobbiamo imparare a tutelare bene e
diversamente rispetto al passato, diversamente cioè dallo stato sociale – che
poi nella sua versione moderna, tra l’altro, nacque proprio in Gran Bretagna – i deboli
in un altro modo. Certo, di fronte a questi problemi, le grandi affermazioni dell’ultima
Enciclica di Benedetto XVI sulla società – che sottolinea la collaborazione tra tutti
i diversi soggetti Stato, imprenditori, volontariato, associazioni nell’affrontare
i nuovi problemi sociali – è veramente non soltanto profetica, ma direi tecnicamente
e professionalmente adeguata. La debolezza nell’affrontare queste cose – a me sembra
– è dovuta al fatto che le culture politiche sono logorate e sono tornati i periodi
di “vacche magre”. Bisogna, quindi, inventarsi una cultura di governo e di partecipazione
diversa, che coinvolga tutti i soggetti in maniera molto più libera. All’orizzonte
non ho visto comparire posizioni di cultura politica capaci realmente di gestire questa
fase di passaggio se non ciò che è offerto dalla dottrina sociale cristiana, che va
però tradotta. Dunque, c’è un lavoro sociale e politico grande da fare per definire
una cultura politica nuova, che sappia affrontare questi temi. (Montaggio a cura di
Maria Brigini)