Giurano 30 nuove Guardie Svizzere. Il cardinale Bertone: siete servitori del Papa
e della Chiesa
Un “servizio qualificato e apprezzato”, che esige una condotta di vita “irreprensibile”:
questo significa svolgere il servizio come Guardia Svizzera. A ricordarlo ai 30 nuovi
alabardieri che oggi pomeriggio presteranno giuramento nel Corpo pontificio è stato
il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che questa mattina ha presieduto
la Messa nella Basilica di San Pietro, alla presenza del presidente della Confederazione
Elvetica, delle massime autorità del Corpo e dei familiari delle nuove reclute. Il
servizio di Alessandro De Carolis:
Sullo
sfondo di ogni 6 maggio, che mette in fermento gli ambienti vaticani dove svolgono
il proprio servizio gli uomini della Guardia Svizzera, si staglia quel 6 maggio 1527,
giorno d’inizio del drammatico Sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi e del sacrificio
dei 147 soldati svizzeri caduti in difesa di Papa Clemente VII. In questa data così
emblematica per il Corpo pontificio, si celebra ogni anno il giuramento dei nuovi
alabardieri: in 30, tra quelli arruolati degli ultimi 12 mesi, saranno schierati oggi
alle 17 nel Cortile di San Damaso per levare al cielo le tre dita, nel tipico segno
del giuramento del Corpo. E con loro giurerà, con un rito diverso per il grado rivestito,
anche il maggiore William Kloster. A costoro e ai loro comandanti, il cardinale
Bertone ha ricordato, alla Messa di questa mattina, le singolari caratteristiche
di una compagine che alla fisionomia militare unisce un’invisibile, ma non meno fondamentale,
radice spirituale:
“La Guardia Svizzera Pontificia si caratterizza
per la disponibilità dei suoi componenti di porsi a servizio del Sommo Pontefice,
per provvedere alla particolare custodia della Sua persona; si tratta di una
volontà che voi – care Guardie Svizzere – avete espresso in quanto cristiani, cioè
motivati dall’amore per Cristo e per la Chiesa. Per questo siamo qui radunati nella
celebrazione eucaristica: per pronunciare il nostro grazie al Signore per la vostra
generosità”.
Dalle letture della liturgia, il segretario di Stato ha
preso spunto per evidenziare quella consapevolezza che ogni cristiano, e dunque ogni
uomo della Guardia Svizzera, deve custodire una volta compreso, ha detto, che il grande
amore di Dio per ognuno "esige di essere ricambiato”:
“Sentiamo
allora il bisogno di vivere secondo i suoi comandamenti, di osservare una condotta
di vita irreprensibile. Chi si sente amato da Dio, desidera custodire la legge che
Egli ha scritto nel suo cuore e, per fare questo, si riveste di ogni virtù e allontana
da sé ogni vizio. Ecco allora che, osservando come Gesù i comandamenti del Padre,
possiamo rimanere nel suo amore; questa è la scoperta che dà senso alla nostra vita.”
Questa
eredità, ha concluso il cardinale Bertone, deve quindi trovare una coerente espressione
nel comportamento e nello svolgimento dei compiti ai quali è chiamata ognuna delle
Guardie al servizio del Papa:
“Il vostro, cari amici della Guardia
Svizzera, è un servizio qualificato e apprezzato, che esige dedizione e serietà (…)
Essere Guardie Svizzere significa sempre aderire senza riserve a Cristo e alla
Chiesa, con la disponibilità a spendere ogni giorno la vita per questa nobile missione”.
Tra
i partecipanti alla cerimonia di oggi pomeriggio vi sarà il cappellano della Guardia
Svizzera Pontificia, padre Alain de Raemy. Tiziana Campisi gli ha chiesto
quale sia il significato del giuramento:
R.
– Il fatto di giurare è una cosa riservata dalla Chiesa a casi eccezionali. Dunque
ci deve essere una ragione speciale per chiedere ad un cristiano di giurare davanti
a Dio e sta a significare il valore che si dà a questo impegno degli Svizzeri di dare
– se necessario – anche la vita per la protezione del Santo Padre. Una cosa, questa,
direi molto impegnativa e che assume tutto il suo senso dal significato che ha il
Successore di Pietro per tutta la Chiesa.
D. – Il giuramento
della Guardia Svizzera Pontificia ha una sua ritualità e ha anche dei gesti particolari…
R.
– C’è anzitutto la bandiera: la recluta va verso la bandiera e la prende con la mano
sinistra. Sulla bandiera c’è lo stemma di Giulio II, che è il fondatore della Guardia;
c’è lo stemma del Papa attuale; c’è lo stemma del comandante e ci sono anche i colori
della famiglia di Clemente VII che è stato salvato dalle Guardie Svizzere: 147 Guardie
sono morte il 6 maggio del 1527 per salvare il Papa. La mano destra viene poi alzata
verso il cielo con le tre dita stese, che stanno a significare l’invocazione della
Trinità.
D. – Lei conosce queste reclute che giurano
fedeltà al Papa, giurano di proteggerlo. Come si sono preparate?
R.
– Già si preparano nel momento in cui si chiedono se vogliono svolgere questo servizio
o meno; quando si interessano per la prima volta e ne sentono parlare; quando chiedono
informazioni e scoprono che c’è questo giuramento, questo impegno, questo sacrificio
della vita se necessario. Già lì comincia la preparazione si può dire. Vengono poi
al reclutamento che si fa in Svizzera: io e il comandante passiamo circa mezz’ora
con ciascuno dei candidati per conoscerli personalmente. Fanno poi la scuola delle
reclute, quando arrivano in Caserma in Vaticano, per cinque settimane, caratterizzato
anche da una parte spirituale forte. Prima del giuramento, nelle tre settimane precedenti,
ho degli incontri con loro per prepararli spiritualmente.
D.
– Il 6 maggio la Guardia Svizzera Pontificia ricorda anche il sacrificio di 147 soldati
del Corpo caduti nel Sacco di Roma per difendere la persona del Papa. Forse oggi non
siamo più nelle identiche condizioni, ma qual è il senso della missione di una Guardia
Svizzera e come viene vissuta?
R. – Il primo senso è
quello di rendere un servizio, anche se piccolo, anche se modesto, anche se invisibile
tante volte. Non è soltanto la divisa per un servizio di onore quando c’è un ricevimento
dal Santo Padre o un’udienza, ma c’è anche il servizio quotidiano di ordine e di sicurezza,
certamente umile e che non si vede, ma che è un contributo per il Successore di Pietro,
per rendere al Papa la vita e il suo servizio più facile, se si può dire così, per
aiutarlo in questo modo ad esercitare il suo Ministero. Per questi giovani svizzeri
è un’occasione unica di poter fare questa esperienza di fede, che si esprime in un
servizio molto semplice, un servizio che si fa alla Chiesa e al Santo Padre e che
aiuta a maturare anche nella fede e ad avere un contatto, attraverso il Santo Padre,
con la Chiesa universale. Questo apre gli occhi della fede a questi giovani e permette
loro di vedere al di là della loro esperienza limitata ad una parrocchia svizzera.