Vigilia elettorale in Gran Bretagna. L'analisi del prof. Baggio
Tra meno di 24 ore i britannici si recheranno alle urne e tra i partiti preoccupati
dal voto e del neoparlamento che ne scaturirà è tutto un escogitare manovre d'emergenza
per influenzare all'ultimo minuto le scelte dei cittadini del Regno e per aprire la
strada a possibili alleanze. I sondaggi prevedono ancora un parlamento senza maggioranza
assoluta o, nel migliore dei casi, una vittoria dei conservatori con una maggioranza
minima. I leader in campo sono: il premier uscente Gordon Brown, il conservatore David
Cameron, il leader dei liberaldemocratici Nick Clegg. Sui temi in campo, e su quanto
affermato dai vescovi nell’imminenza del voto, Luca Collodi ha sentito il prof.
Antonio Maria Baggio, docente di filosofia Politica all’Università Sophia di Loppiano:
R. – Io ho
visto che i vescovi che hanno preso posizione o che hanno fatto degli interventi sono
preoccupati, in generale, di indirizzare la coscienza - sia di anglicani che di cattolici
- verso una scelta consapevole. C’è da dire che su temi molto delicati, come ad esempio
la famiglia, tutti e tre i partiti che stanno concorrendo e i relativi candidati hanno
un po’ perso la partita. I conservatori hanno lanciato l’idea di un sostegno anche
economico, ma si tratta di poca cosa: è più che altro un messaggio che si lanciano
dicendo: “Noi continueremo a pensare alla famiglia”. Purtroppo, la società inglese
è un po’ come la nostra e, quindi, forse ancora più franata su tutti i valori che
riguardano la vita e la bioetica.
D. – Altro aspetto
del voto londinese riguarda il British National Party, partito popolare che si sta
rafforzando grazie alla disoccupazione e anche all’aumento dell’immigrazione e che
sta facendo risultato in particolare nella classe media degli inglesi…
R.
– Nella classe media e, direi, in quella medio-bassa perché c’è concorrenza per accedere
ai servizi sociali. Uno degli effetti che viene percepito in maniera molto negativa
dai ceti più bassi e più esposti alla concorrenza, anche dei nuovi giganti dei mercati
asiatici, è proprio questo: è più difficile ottenere una visita medica, è più complicato
iscrivere i bambini a scuola, perché c’è questa presenza di immigrati. Il ceto medio
si sente minacciato, perché teme di scendere la china. Questo fenomeno – sembrerebbe
quasi inutile dirlo – noi lo abbiamo incontrato varie volte in momenti di crisi, eppure
sembra che ogni volta che si ripresenti, la politica debba di nuovo imparare da capo
come fare le cose.
D. – Tra l’altro, è un fenomeno
che sta prendendo campo un po’ in tutta Europa…
R.
– Ha ragione, ed è un fenomeno pericoloso. Noi dobbiamo imparare a tutelare bene e
diversamente rispetto al passato, diversamente cioè dallo stato sociale – che
poi nella sua versione moderna, tra l’altro, nacque proprio in Gran Bretagna – i deboli
in un altro modo. Certo, di fronte a questi problemi, le grandi affermazioni dell’ultima
Enciclica di Benedetto XVI sulla società – che sottolinea la collaborazione tra tutti
i diversi soggetti Stato, imprenditori, volontariato, associazioni nell’affrontare
i nuovi problemi sociali – è veramente non soltanto profetica, ma direi tecnicamente
e professionalmente adeguata. La debolezza nell’affrontare queste cose – a me sembra
– è dovuta al fatto che le culture politiche sono logorate e sono tornati i periodi
di “vacche magre”. Bisogna, quindi, inventarsi una cultura di governo e di partecipazione
diversa, che coinvolga tutti i soggetti in maniera molto più libera. All’orizzonte
non ho visto comparire posizioni di cultura politica capaci realmente di gestire questa
fase di passaggio se non ciò che è offerto dalla dottrina sociale cristiana, che va
però tradotta. Dunque, c’è un lavoro sociale e politico grande da fare per definire
una cultura politica nuova, che sappia affrontare questi temi. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)