Il cardinale Turkson inaugura le iniziative culturali dei Gesuiti italiani: rischio
di altre Rosarno senza una paziente integrazione degli immigrati
Costruire “tanti ponti tra tante culture”. E’ la convinzione che il cardinale Peter
Kodwo Appiah Turkson ha espresso ieri pomeriggio, nella Chiesa di sant’Ignazio a Roma,
in apertura della manifestazione “Gesuiti a Roma. Inattese connessioni. Viaggio nel
cuore della Compagnia”, promossa dalla Provincia italiana dei Gesuiti. Il presidente
del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha incentrato il suo intervento sul tema
degli immigrati e sui complessi sforzi che comporta la loro integrazione. Il servizio
di Alessandro De Carolis:
Se Matteo
Ricci fosse di nuovo presente fra noi oggi cosa farebbe? La domanda sul celebre apostolo
dell'Estremo Oriente - stimolante per chiunque si occupi di missione e inculturazione
del Vangelo - lo è ancor più se ad ascoltarla sono i Gesuiti di oggi, confratelli
del religioso che a cavallo tra il 1500 e gli inizi del secolo successivo annunciò
il messaggio cristiano fra i cinesi in modo tale lasciare un'immortale eredità in
quella cultura millenaria. Oggi, Matteo Ricci farebbe di tutto per “creare una famiglia
di autentici discepoli di Cristo, dove la differenza fra etnie diventi motivo e stimolo
per un reciproco arricchimento umano e spirituale”. In questa affermazione, il cardinale
Turkson riecheggia un insegnamento di Benedetto XVI ma guarda anche all’attualità.
Attualità che per il porporato ha nella sanguinosa “rivolta” degli extracomunitari
di Rosarno, in Calabria, l’esempio di cosa comporti la loro esclusione dal tessuto
cittadino, piuttosto che una loro paziente integrazione.
L’inculturazione,
ha osservato il cardinale Turkson, deve passare oggi attraverso un lento percorso
di reciproco incontro tra persone e culture. Rispetto all’epoca di Matteo Ricci, ha
affermato, “non ci sono meno ponti da costruire, semmai se ne devono costruire di
più; non c’è meno bisogno di inculturare il Vangelo, sicuramente ce ne di più”. Non
può lasciarci “indifferenti”, ha detto, ciò “che succede nelle nostre città, qui,
in Europa, e in Italia in particolare”. Dunque, ha concluso il presidente di Giustizia
e Pace, mentre si deve ammirare Matteo Ricci “non solo per il suo coraggio e la sua
creatività, ma anche per la sua maestria nella conoscenza, nella scienza e nella cultura”,
si deve avere consapevolezza, nel lavoro apostolico contemporaneo, del fatto che oggi
la cultura è intesa come “fabbrica quotidiana di vita”. E come cristiani, “sappiamo
che è questa vita quotidiana che ha bisogno di essere evangelizzata”.