2010-05-05 15:38:59

Algeria: il vescovo di Laghouat-Ghardaïa sulla realtà attuale della Chiesa


“La Chiesa è fatta di peccatori e deve la sua santità a Dio solo, a Cristo che l’ha fondata e allo Spirito che la conduce contro venti e maree. L’umiliazione che ora essa subisce, anche ingiustamente, non è forse un invito all’umiltà?”. È la riflessione proposta dal vescovo della diocesi algerina di Laghouat-Ghardaïa, mons. Claude Rault, nell’editoriale del notiziario diocesano mensile pubblicato sul sito della Chiesa d’Algeria www.ada.asso.dz. Riferendosi ai casi di pedofilia emersi in questi mesi in Europa e negli Stati Uniti che vedono coinvolti sacerdoti e vescovi, mons. Rault afferma che la Chiesa paga un insegnamento più moralizzatore che promotore del carattere sacro della persona, e paga anche assai cara un’immagine autoreferenziale, essendosi attribuita qualità che non possono che riferirsi solamente a Dio. Per il presule, “di fronte agli odiosi crimini che costituiscono la pedofilia niente sarebbe da scusare, tanto il male provocato nei bambini e nelle altre persone che ne sono vittime è profondo. Gesù stesso – prosegue mons. Rault – non è stato tenero nei confronti di colui che ‘scandalizza i piccoli’: ‘è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare’. Parole terribili da comprendere per i suoi discepoli – aggiunge il presule – come per chiunque, d’altronde”. Ma il vescovo di Laghouat-Ghardaïa osserva che occorre fare attenzione al modo in cui i media stanno affrontando l’argomento, “come se in ogni uomo di Chiesa vi fosse un potenziale pedofilo di cui non si dovrebbe aver fiducia”; avverte che si rischia di non dar spazio ad altre notizie, come a quegli “anonimi laici, preti, religiosi, religiose che, in nome della loro fede e della dignità dell’essere umano, si impegnano lì dove l’umanità è ferita per combattere la povertà, la miseria e la guerra”. Mons. Rault conclude il suo editoriale scrivendo che la Chiesa potrà superare il momento difficile che sta vivendo “ritrovando la sua prima vocazione di umile serva dell’umanità” spogliandosi, sull’esempio di Gesù, del suo mantello per lavare i piedi ai suoi discepoli. “Non dimentichiamo troppo – conclude il presule – che il solo abito liturgico di cui si sia vestito è un grembiule di servizio. E non lo aveva più per coprirsi, elevato da terra sullo strumento di supplizio. Pasqua non è forse la resurrezione del servitore?”. (T.C.)







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