2010-05-03 11:47:58

La visita al Cottolengo. Il Papa ai malati: uniti a Cristo collaborate alla vittoria del bene sul male


Ultimo appuntamento della giornata del Papa a Torino è stato il commovente incontro con i malati della Piccola Casa della Divina Provvidenza fondata nel 1832 da San Giuseppe Benedetto Cottolengo. Grande entusiasmo all’accoglienza. Ce ne parla Sergio Centofanti:RealAudioMP3

(applausi)
 
Tanto affetto per il Papa dai malati del Cottolengo. Benedetto XVI, tra gli applausi, ne ha salutati personalmente e abbracciati alcuni in carrozzella. Nel suo discorso ha ricordato il fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza che “pur attraversando nella sua vita momenti drammatici, mantenne sempre una serena fiducia di fronte agli eventi” riconoscendo in tutte le situazioni la presenza e la misericordia di Dio. Nei poveri e nei malati il Cottolengo vedeva Gesù: e quelli che tutti scartavano, perché “all’occhio materiale” apparivano più “ributtanti”, lui li preferiva definendoli i suoi “padronissimi”:

 
“Lo guidava una profonda convinzione: ‘I poveri sono Gesù - diceva - non sono una sua immagine. Sono Gesù in persona e come tali bisogna servirli. Tutti i poveri sono i nostri padroni … Se non li trattiamo bene, ci cacciano dalla Piccola Casa. Essi sono Gesù’”.

 
Il Cottolengo – ha aggiunto il Papa – “aveva compreso che chi è colpito dalla sofferenza e dal rifiuto tende a chiudersi e isolarsi e a manifestare sfiducia verso la vita stessa. Perciò il farsi carico di tante sofferenze umane significava” per lui “creare relazioni di vicinanza affettiva, familiare e spontanea, dando vita a strutture che potessero favorire questa vicinanza, con quello stile di famiglia che continua ancora oggi”. Il suo scopo non era solo quello di una riabilitazione psico-fisica: voleva, infatti, ridare dignità personale a quanti venivano rifiutati dalla società. Il Papa esorta i malati del Cottolengo a non sentirsi “estranei al destino del mondo”:

 
“Cari malati, voi svolgete un’opera importante: vivendo le vostre sofferenze in unione con Cristo crocifisso e risorto, partecipate al mistero della sua sofferenza per la salvezza del mondo. Offrendo il nostro dolore a Dio per mezzo di Cristo, noi possiamo collaborare alla vittoria del bene sul male, perché Dio rende feconda la nostra offerta, il nostro atto di amore”.

 
“Se la passione dell’uomo è stata assunta da Cristo nella sua Passione - ha proseguito il Papa - nulla andrà perduto”. E ha concluso: “la sofferenza, il male, la morte non hanno l’ultima parola, perché dalla morte e dalla sofferenza la vita può risorgere”.







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