La visita al Cottolengo. Il Papa ai malati: uniti a Cristo collaborate alla vittoria
del bene sul male
Ultimo appuntamento della giornata del Papa a Torino è stato il commovente incontro
con i malati della Piccola Casa della Divina Provvidenza fondata nel 1832 da San Giuseppe
Benedetto Cottolengo. Grande entusiasmo all’accoglienza. Ce ne parla Sergio Centofanti:
(applausi) Tanto
affetto per il Papa dai malati del Cottolengo. Benedetto XVI, tra gli applausi, ne
ha salutati personalmente e abbracciati alcuni in carrozzella. Nel suo discorso ha
ricordato il fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza che “pur attraversando
nella sua vita momenti drammatici, mantenne sempre una serena fiducia di fronte agli
eventi” riconoscendo in tutte le situazioni la presenza e la misericordia di Dio.
Nei poveri e nei malati il Cottolengo vedeva Gesù: e quelli che tutti scartavano,
perché “all’occhio materiale” apparivano più “ributtanti”, lui li preferiva definendoli
i suoi “padronissimi”:
“Lo guidava una profonda
convinzione: ‘I poveri sono Gesù - diceva - non sono una sua immagine. Sono Gesù in
persona e come tali bisogna servirli. Tutti i poveri sono i nostri padroni … Se non
li trattiamo bene, ci cacciano dalla Piccola Casa. Essi sono Gesù’”.
Il
Cottolengo – ha aggiunto il Papa – “aveva compreso che chi è colpito dalla sofferenza
e dal rifiuto tende a chiudersi e isolarsi e a manifestare sfiducia verso la vita
stessa. Perciò il farsi carico di tante sofferenze umane significava” per lui “creare
relazioni di vicinanza affettiva, familiare e spontanea, dando vita a strutture che
potessero favorire questa vicinanza, con quello stile di famiglia che continua ancora
oggi”. Il suo scopo non era solo quello di una riabilitazione psico-fisica: voleva,
infatti, ridare dignità personale a quanti venivano rifiutati dalla società. Il Papa
esorta i malati del Cottolengo a non sentirsi “estranei al destino del mondo”:
“Cari
malati, voi svolgete un’opera importante: vivendo le vostre sofferenze in unione con
Cristo crocifisso e risorto, partecipate al mistero della sua sofferenza per la salvezza
del mondo. Offrendo il nostro dolore a Dio per mezzo di Cristo, noi possiamo collaborare
alla vittoria del bene sul male, perché Dio rende feconda la nostra offerta, il nostro
atto di amore”.
“Se la passione dell’uomo è stata
assunta da Cristo nella sua Passione - ha proseguito il Papa - nulla andrà perduto”.
E ha concluso: “la sofferenza, il male, la morte non hanno l’ultima parola, perché
dalla morte e dalla sofferenza la vita può risorgere”.