La questione del disarmo nucleare alla Conferenza dell'Onu sul Tnp
Circa 150 Paesi si ritroveranno oggi alle Nazioni Unite, a New York, per la conferenza
sul Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Scopo dell’incontro sarà quello
di progredire in materia di disarmo e rafforzare la sorveglianza dei programmi nucleari,
mentre il Consiglio di sicurezza sta esaminando un nuovo progetto americano di sanzioni
contro l'Iran per il suo controverso programma. E gli occhi di tutti sono puntati
proprio sul presidente Ahmadinejad, che appena giunto a New York, ha sottolineato
che “Teheran non deve guadagnarsi la fiducia dell'occidente fintanto che rispetta
le leggi internazionali”. Ma quanto la questione iraniana influirà su questa conferenza?
Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto
Affari Internazionali.
R. – Sarà
certamente importante, perché è un problema di credibilità nel più lungo termine del
trattato di non proliferazione. Se non si riesce a superare o a gestire al meglio
la crisi iraniana, la credibilità del Tnp rischia di essere messa in crisi.
D.
– Altra situazione difficile da gestire è quella della Corea del Nord. Su questo fronte
ci possiamo attendere delle novità?
R. – Vedremo.
Comunque la Corea del Nord, in un certo senso, è più semplice dell’Iran, perché la
Corea del Nord è uscita dal Trattato di non proliferazione. Quindi, è un problema
di gestione della crisi più che altro. Il problema dell’Iran, invece, è che sostiene
di essere ancora membro del Trattato di non proliferazione, non solo, ma di non volere
l’arma nucleare. Quindi, c’è proprio una diversità di interpretazione.
D.
– Bisogna ricordare che il Trattato è stato firmato da 188 Paesi, esclusi India e
Pakistan, potenze nucleari, ed Israele. Un’anomalia questa, denunciata più volte da
moltissimi osservatori...
R. – Sì, qui il problema
è che in realtà – e la cosa poi si collega anche con l’Iran – in alcuni casi bisognerebbe
arrivare ad una strategia anche di tipo regionale, oltre che globale. Bisognerebbe
riuscire ad avere una strategia regionale, per esempio, per l’insieme del Medio Oriente,
per accrescere la fiducia reciproca e avviarsi non solo verso il non nucleare del
Tnp, ma anche verso il disarmo nucleare vero e proprio. Penso ad Israele, penso anche
ad India e Pakistan. Tutto questo, però, richiede un negoziato, la fiducia reciproca,
come è avvenuto in Europa, e questo probabilmente sarà uno dei tentativi, una delle
vie da esplorare, se non proprio alla Conferenza, certamente politicamente attorno
alla Conferenza.
D. – La Conferenza di New York arriva
a meno di un mese da quella di Washington, in cui si è cercato di iniziare il cammino
per la costruzione del nuovo pilastro dell’ordine nucleare e mondiale. Si può parlare,
secondo lei, di un continuum?
R. – In qualche modo
sì. E’ evidente che Obama spera che il successo della Conferenza di Washington si
rifletta anche su questa più complessa e difficile conferenza sul Tnp. Diciamo che
ci sono elementi di continuità, ma anche elementi di discontinuità. Il problema è
riuscire perlomeno a far passare la buona volontà, il senso di riuscita che ha accompagnato
quella Conferenza nella nuova. E uno degli argomenti è proprio quello della confidenza
reciproca, per esempio della lotta al terrorismo nucleare.