L’ultimo appuntamento del Papa a Torino è l’incontro, alle 18,30, con i malati nella
Chiesa della Piccola Casa della Divina Provvidenza, fondata da San Giuseppe Cottolengo.
Su questa istituzione del Cottolengo, Massimiliano Menichetti ha sentito il
superiore generale, don Aldo Sarotto:
R. – La novità
del Cottolengo è legata a lui, in questa esperienza forte del Cristo che lui ha fatto,
il Cristo che lui ha visto nei poveri e nei sofferenti: questa è la novità che anche
noi dobbiamo ricercare, altrimenti saremmo come una delle tante altre istituzioni
che si limitano a fare assistenza. Il Cottolengo a noi ha insegnato altro! D.
– E che cosa dà, oggi, alla città? R. – E’ un seme ed è un segno. D.
– Una testimonianza? R. – Sì, certamente. La testimonianza consiste
nel dare dignità alla persona, e dare dignità alla persona soprattutto quando viene
meno, questa dignità. Lui, ai suoi tempi, ha dato dignità a persone che, probabilmente,
non sapevano neanche di averne: gli handicappati, ad esempio, venivano regolarmente
nascosti … Quindi, dare dignità ha significato non solamente dare una casa, un vitto
ma dare una famiglia. E’ significativo che lui abbia voluto dare una famiglia ed abbia
ricercato chi potesse essere il padre, chi potesse essere la madre per cui queste
persone si sentissero figli con una propria dignità. Questo è significativo anche
oggi quando questo non dovrebbe più succedere, ma senza che ce ne accorgiamo, questo
continua a succedere. D. – Don Aldo, il Papa verrà a farvi visita.
Qual è l’attesa? R. – Il Cottolengo è sempre stato l’emblema
della presenza di un’umanità che soffre. La Sindone la si può vedere ed è molto significativa;
la Sindone vivente è in quei malati che maggiormente soffrono e soffrono accettando
la Croce, perché quello che colpisce in questi malati è la serenità con la quale affrontano
la Croce. Non sempre si può essere così sereni; molte volte, a noi basta poco per
abbatterci. Invece, noi abbiamo esempi di persone che da tanti anni sono nella nostra
casa e che sono maestre nell’insegnarci come si porti la Croce. Mi aspetto che il
Papa, attraverso la sua parola, dia ulteriore forza su questo cammino che non è facile,
perché la Croce sempre pesa! D. – In questa città ci sono carismi
forti: penso a don Bosco, Cottolengo, Leonardo Murialdo … figure rilevanti all’interno
del panorama della Chiesa, concrete … Dall’altra parte, c’è una Torino fortemente
laica. Come si compongono queste diversità? R. – Intanto, Torino
è stata fortunata per avere dei santi sociali; ma bisogna essere attenti: prima sono
‘santi’, poi sono ‘sociali’. Nella nostra società siamo portati a dimenticare la prima
espressione e quindi ricordiamo soprattutto il ‘sociale’. Le due cose vanno di comune
accordo: per noi è molto significativo come il Cottolengo, aprendo questa sua esperienza
che diventa concreta, ad un certo punto la completa attraverso la creazione dei monasteri
di clausura, quasi a voler dire che serve l’una e l’altra cosa. La contemplazione
non è fuori dall’azione. E quindi, questi due elementi fanno sì che la Piccola Casa
sia della Divina Provvidenza e non semplicemente una casa in cui si presti un’assistenza.
La nostra società, che è portata a dimenticare Dio perché pensa di poter fare a meno
di Dio, è una società del benessere, ma in realtà fa fatica ad accorgersi di quello
che le manca o di quello che sta perdendo. E allora, la speranza di un Papa che ha
il coraggio della fede e soprattutto è maestro di fede, oltre che testimone di fede,
è un’aspettativa grande perché la strada la traccia prima lui!