2010-05-01 10:18:52

Appello dei vescovi europei da Malaga: riconoscere i diritti degli immigrati, carta vincente per la società


Un forte appello a riconoscere i diritti degli immigrati, carta vincente per l'Europa e a superare la paura della diversità nella consapevolezza che il pluralismo culturale è ormai una realtà imprescindibile delle nostre società: si è concluso così, oggi a Malaga, in Spagna, l’ottavo Congresso promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa sulle migrazioni nel vecchio continente. Mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, ha ribadito nell’occasione che la comunità cristiana non può non stare accanto agli immigrati, che sono tra le persone più indifese e non si identificano con i criminali: al contrario, sono quasi sempre vittime della criminalità. Sul messaggio lanciato dai vescovi europei a Malaga, ascoltiamo mons. Vegliò al microfono di Sergio Centofanti:RealAudioMP3

R. – Noi desidereremmo raccogliere la sfida di considerare le migrazioni moderne in luce positiva, come fatto che interpella in modo particolare la responsabilità dei cristiani a svolgere un ruolo attivo nei progetti di accoglienza e di integrazione. I migranti rappresentano una preziosa risorsa per lo sviluppo dell’intera famiglia dei popoli. Certo, perché tale visione diventi sempre più condivisa e incoraggi la collaborazione di tutti i Paesi in dimensione mondiale, è necessario puntare su strategie di integrazione, di intercultura e di dialogo, e salvaguardando le legittime aspirazioni di tutti alla sicurezza e alla legalità.
 
D. – Che cosa può fare di più l’Europa per riconoscere, come ha chiesto il Papa nel suo messaggio, i diritti dei migranti?
 
R. – Vede, questo congresso tra le altre cose ha cercato di segnalare anche quanto ancora non è stato realizzato da parte dei governi per la tutela dei diritti dei migranti come la ratifica della Convenzione internazionale per la difesa dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1990, ed entrata in vigore il 1° luglio 2003, ma ancora non ratificata da molti Paesi, soprattutto tra quelli di destinazione dei flussi migratori. Poi, solleciteremo i governi ad assumere sempre più una mentalità positiva nei confronti delle migrazioni, non come scontro di civiltà ma come possibilità di incontro e di arricchimento tra le culture, anche in vista di creare quella che Papa Benedetto XVI chiama – appunto – “la famiglia dei popoli”.
 
D. – Che cosa dire della politica dei respingimenti?
 
R. – Credo davvero che in alcune situazioni mondiali i diritti dei migranti non siano completamente tutelati, come nel caso in cui non si garantisce ad una persona che fugge da persecuzioni la possibilità di appellarsi a convenzioni internazionali per chiedere lo status di rifugiato, e la si respinge. Oppure quando, come in alcune zone, non è garantito ai migranti il diritto ad un regolare processo, il diritto alla difesa personale, all’appello, a quella che i vescovi americani chiamano una “comprehensive reform” in riferimento alla riforma della legislazione migratoria che da tempo è al vaglio in quel Paese. Del resto, è ancora un diritto non da tutti i Paesi riconosciuto, oppure reso impraticabile da eccessive condizioni imposte, quello dell’assistenza; il diritto alla partecipazione e alla cittadinanza per l’immigrato che lavora regolarmente, che paga le tasse e cerca di integrarsi nel tessuto sociale e civile del Paese che lo ospita.







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