L'Europa alla prova della crisi greca. Il debito oltre il 120% del pil
Il debito in Grecia supera il 120% del Prodotto interno lordo (Pil): è quanto emerge
dal rapporto annuale della Banca centrale presentato in fine mattinata. Da parte sua,
il premier greco, Giorgio Papandreou, parla del periodo "più difficile degli ultimi
decenni" e afferma che per risanare l’economia del Paese occorrerà tempo e serenità”.
Intanto, dagli ambienti internazionali si fa sapere che le trattative per varare un
piano di aiuti termineranno ad inizio maggio, proprio mentre continua a non esserci
una linea comune dell’Eurozona. Mentre i capi di Stato e di governo si erano già espressi
in favore di un eventuale sostegno, la Germania chiede che gli aiuti siano affiancati
da una politica greca di misure severe e immediate. Sulla posizione di Berlino, Giancarlo
la Vella ha intervistato l’economista Francesco Carlà: R.
– La Germania, che dovrebbe accollarsi la parte più importante degli aiuti europei
per la Grecia, ha una gran paura dell’opinione pubblica, che dagli anni ’30 in poi
non vuol sentire parlare di indisciplina finanziaria, dopo i problemi dell’inflazione
di quel periodo. Quindi, è molto impopolare parlare di aiuti a Paesi indisciplinati
come la Grecia e la Merkel teme questo aspetto. D. – In che
cosa ha sbagliato la Grecia? R. – La Grecia ha sbagliato nella
cosa classica, cioè nel poter pensare di continuare a mettere sotto il tappeto la
polvere. Invece, ormai i mercati finanziari globali cercano in continuazione punti
deboli dove guadagnare, dove fare soldi. Hanno fatto presto ad individuare la Grecia.
Un punto debole, particolarmente debole, perché ha dei ricchi che possono pagare per
lei. E’ per questo che ormai i bond greci rendono il 9 per cento: perché l’idea
degli speculatori è che prima o poi, in qualche modo, per evitare problemi all’euro,
la Germania, la Francia e naturalmente anche il Fondo monetario internazionale dovranno
intervenire. D. – Questa non potrebbe essere l’occasione per
prevedere, soprattutto a livello europeo, un piano di soccorso finanziario che valga
un po’ in tutte le situazioni, non solo per il caso specifico della Grecia? R.
– Il problema vero è questo: quando si mescolano questioni politiche con questioni
economiche, e questo succede sempre ormai, è difficilissimo poi applicare una ricetta
univoca, perché in questo momento, da un punto di vista economico sarebbe abbastanza
semplice tirare fuori in tre anni la Grecia dai guai. Il problema è vedere se la politica
greca è in grado di prendere le decisioni, di fare le scelte necessarie. D.
– C’è da aspettarsi per il futuro un "effetto Grecia" anche in altre nazioni? R.
– Tutto dipende dalla capacità degli altri Paesi di evitare di ridursi nella situazione
greca, prima di cominciare ad effettuare le riforme strutturali che sono necessarie
in parecchi altri Paesi europei, anche dell’area euro. Quindi va fatta attenzione,
perché poi quando i mercati decidono di far male, il problema è che fanno male soprattutto
alle classi medio-basse. D. – Riflessi extraeuropei? R.
– Il primo è che l’euro sta perdendo terreno rispetto a tutte le altre monete, compreso
il dollaro, che pure non se la passa bene. Per noi significa per esempio importare
inflazione, per cui significa pagare più cara l’energia, significa una serie di altre
conseguenze. In generale, comunque, a nessuno fa piacere una nostra eventuale crisi
economica e finanziaria continentale, perché significherebbe poi arrestare la neonata
e fragile ripresa economica americana e quella ben più solida e duratura asiatica
cinese.