Messico. Mons. Arizmendi: riconoscere i diritti di 12 milioni di indigeni
Nel mondo ci sono 42 milioni di indigeni, di cui circa 12 milioni in Messico, appartenenti
a 56 gruppi etnici, che soffrono gravi attaccati alle loro identità e alla loro sopravvivenza.
La denuncia di mons. Felipe Arizmendi Esquivel, vescovo di San Cristóbal de Las Casas,
in Messico, intervenuto al Forum su "Gli accordi di San Andrés”, promosso dalla Commissione
di concordia e pacificazione (Cocopa), presso il Senato del Paese latinoamericano,
il 21 aprile scorso. La grande maggioranza degli indigeni non gode di diritti, specie
in campo sanitario ed è oggetto di continuo razzismo, inumano e anticristiano, ha
sottolineato il presule, che ha vissuto nella Stato del Chiapas 19 anni: nove con
gli indigeni Mames, Mochos e Kanjobales, dieci tra gli Tseltales, Tsotsiles, Ch'oles,
Tojolabales e Zoques, e prima di diventare vescovo ha condiviso la sua vita con gli
Otomies e i Mazahuas dello Stato di Mexico. Come responsabile della pastorale indigena
nel Paese - ha raccontato mons. Arizmendi Esquivel - ho dovuto avvicinarmi alle realtà
indigene nazionali, e come capo del Dipartimento delle popolazioni indigene nel Celam,
ho avuto l'opportunità di imparare qualcosa dei popoli indigeni dell'America Latina”.
Gli Accordi di “San Andres” sono una base – ha aggiunto - per crescere e svilupparne
altri. Bisogna riconoscere la loro personalità giuridica come popoli diversi. Un diritto
a una certa autonomia rispettando i limiti. Alla fine del suo intervento, il presule,
ha fatto un appello ai dirigenti dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
(Ezln), perché accettino il dialogo sugli Accordi di San Andres e si possano trattare
insieme molti aspetti che riguardano anche loro: “non solo per continuare a lottare
per una pace più profonda e stabile in Chiapas, ma per far sì che gli indigeni del
Messico possano godere dei diritti nella giustizia che riguarda loro in quanto popoli”
che sono parte del Paese. (R.G.)