Lo scandalo della malaria, malattia curabile, che ogni anno miete oltre 850 mila morti
Arginare la diffusione della malaria significa ridurre anche il numero di persone
che muoiono a causa di Aids e malnutrizione. Significa inoltre migliorare la salute
delle madri in gravidanza e la salute dei loro bambini. E’ quanto sottolinea il direttore
generale dell’Unicef, Ann M. Veneman, nel suo messaggio in occasione dell’odierna
Giornata mondiale di lotta contro la malaria. E’ inaccettabile – si legge nel documento
– che oltre 850 mila persone continuino a morire, ogni anno, a causa di una puntura
di zanzara. Il bilancio potrebbe essere, in realtà, ancora più pesante come spiega,
al microfono di Eliana Astorri,il direttore dell'Istituto di clinica
delle malattie infettive al Policinico Agostino Gemelli di Roma, RobertoCauda:
R. – Io credo
che, come in tutti i casi di malattie infettive, noi sottostimiamo il numero. Si tratta
ovviamente di stime, proprio perché la maggior parte dei casi avvengono nel sud del
mondo, soprattutto nell’Africa subsahariana. Noi, in qualche modo, proprio per la
difficoltà di acquisire dei dati certi, abbiamo una sottostima. Ma io credo che abbia
poca importanza se sono un milione o due milioni. Sono comunque un numero enorme e
questo deve sollecitare l’interesse da parte del nord del mondo. Questo è il messaggio.
Per l’opinione pubblica bisogna dare il messaggio che è una malattia grave, che è
curabile, potenzialmente prevenibile, ma per la quale oggi c’è un numero enorme di
persone, soprattutto bambini, che muoiono. D. – Lei parlava
delle zone più colpite come l’Africa sub sahariana. Ma l’Asia, l’America Latina in
che condizioni sono? R. – Sono anch’esse aree colpite, proprio
perché oggi nel nord del mondo, nei Paesi cosiddetti industrializzati, la malaria
è un ricordo, più o meno recente, ma comunque è un ricordo. Le forme di malaria che
noi oggi osserviamo sono le malarie cosiddette da importazione. I turisti e chi va
per ragioni di lavoro in queste aree può acquisire la malaria. E la malaria deve essere
riconosciuta precocemente, perché è una malattia molto grave. Ma, essendo anche una
malattia prevenibile, grazie ad una profilassi, chiunque si metta in viaggio per queste
aree è pregato di prestare la dovuta attenzione di rivolgersi ai medici, ai centri
- e ne esistono tanti in Italia – che possono dargli il consiglio di come fare la
profilassi, cioè premunirsi per non acquisire la malaria. D.
– Quindi, quando noi ci rechiamo in aree dove c’è la possibilità di essere punti da
una zanzara anofele, assumiamo una terapia antimalarica prima di partire, durante
la permanenza e dopo il rientro e questo esclude completamente il pericolo di contrarre
la malaria? R. – Direi proprio di sì. Si prendono comunque dei
farmaci che consentono di prevenire la malattia. Ovviamente, non ci sono solo i farmaci.
Ad esempio, chi va in Africa sa che dormire sotto una zanzariera riduce moltissimo
il rischio di malaria. Faccio un esempio: il governo ugandese ha distribuito gratuitamente
in aree anche molto remote una rete che copre il letto e questo ha permesso, in assenza
di una profilassi che per chi vive in quelle aree sarebbe certamente non indicata,
di ridurre di molto il rischio malaria. D. – Per chi la contrae
esistono farmaci che possano curarla? R. – Certamente sì. Il
riconoscimento del trattamento precoce permette di curare efficacemente la malaria,
che se curata in ritardo o non curata può portare anche a morte. Esistono dei farmaci,
non ne esistono invero molti, e a complicare lo scenario c’è il fatto che per uno
di questi farmaci, la clorochina, è avvenuto il fenomeno della resistenza farmacologica.
Teniamo presente che il farmaco più vecchio, il chinino, era l’estratto della corteccia
di un albero che viene dal Sudamerica, e sono stati proprio i missionari Gesuiti a
riconoscere queste proprietà curative nel 1600 e lo hanno introdotto in Europa. E
noi ancora oggi utilizziamo il chinino. D. – Questi farmaci
perché non arrivano in Africa, ad esempio? R. – C’è sempre un
problema di natura economica. A questo punto, però, c’è anche un problema di diffusione
e di mentalità, a mio giudizio ovviamente. Io credo che ci possano essere delle difficoltà,
ad esempio, per raggiungere aree remote del continente africano, che chi lo conosce
sa essere un’entità splendida, ma molto dispersiva.(Montaggio a cura di
Maria Brigini)