Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni: la testimonianza preziosa dei presbiteri
La Chiesa celebra oggi, nella domenica del “Buon Pastore”, la 47.ma Giornata Mondiale
di Preghiera per le Vocazioni. Nel Messaggio per questa Giornata, Benedetto XVI sottolinea
che la testimonianza dei sacerdoti deve fondarsi sull’amicizia con Cristo: “La fecondità
della proposta vocazionale – scrive il Papa - dipende primariamente dall’azione di
Dio, ma è favorita anche dalla qualità e dalla ricchezza della testimonianza personale
e comunitaria di quanti hanno già risposto alla chiamata del Signore”. Perché tale
testimonianza è così preziosa? Federico Piana lo ha chiesto a don Domenico
Dal Molin, direttore del Centro nazionale vocazioni:
R. – Probabilmente
tutti noi, sia a livello professionale e ancor più a livello vocazionale, siamo stati
particolarmente attratti da una particolare persona o da qualche persona significativa
a livello relazionale, che ci ha testimoniato la gioia, la bellezza, l’incanto, e
lo stupore. Potremmo aggiungere mille altre parole che parlino comunque di una via
estetica dell’incontro con il Signore Gesù e che ci hanno entusiasmato a seguire quella
determinata via. Parlare oggi concretamente di testimonianza, ci dice il Papa, significa
spostare inevitabilmente l’attenzione dal piano dell’agire – cioè dalle nostre strategie
pastorali ed operative indubbiamente importanti ma non le più importanti – al piano
dell’essere, quello che noi siamo con le nostre risorse umane, spirituali e proprio
di testimonianza di vita.
D. – Secondo lei, don Domenico,
per quale motivo si vive, in questo particolare momento storico, questa crisi delle
vocazioni? Forse perché manca proprio la testimonianza oppure perché non ascoltiamo
più la chiamata di Cristo che c’è sempre?
R. – E’
un momento abbastanza delicato per la Chiesa ed indubbiamente qualche testimonianza,
forse, è un po’ inquinata. Quindi, lascia certamente l’immagine che il tipo di scelta
di vita spesa per il Signore, spesa nell’oblio di se stessi, nel diventare dono veramente
totale e radicale non sempre sia una modalità alla portata e vivibile con coerenza.
E’ altrettanto vero, però, che questo contesto che spesso il Papa denuncia come relativista,
nichilista, quello della cultura liquida in cui tutto è assolutamente relativo o legato
al “mi piace-non mi piace” non aiuta quest’impegno di fedeltà nel seguire il Signore,
a sentirci – come dice San Paolo – “servi, amati e santi per chiamata”, quindi per
la dinamica del servizio ma anche la dinamica di sentire l’appello nella propria vita
che passa in maniera consistente e che chiede una risposta.
D.
– Molte volte non si ha il coraggio di aderire a questa chiamata perché aderire a
questa chiamata vorrebbe poi dire fare una vita di imitazione di Cristo e molto spesso
questo spaventa…
R. – Non spaventa tanto il seguire
Gesù perché mi accorgo anche, vivendo talvolta a contatto con la realtà giovanile,
che i giovani subiscono ancora molto, nel senso buono della parola, vengono attratti
dal fascino dei volti di Gesù e da quello che è anche la radicalità di questo tipo
di proposta della Buona Notizia del Vangelo. Credo che ci sia talvolta proprio uno
stile di vita legato intanto alla fedeltà e la fedeltà non è uno dei temi forti della
nostra cultura. Crea paura a tutti i livelli, quindi questo magari, a livello personale,
può creare qualche resistenza. Poi, forse, è anche legata ad un’immagine non sempre
gioiosa delle nostre scelte di vita e questo vale per noi preti, per le religiose
ma penso valga anche per i genitori.
D. – La gioia,
quindi, come testimonianza di una fede vissuta nel modo migliore, nella pienezza.
E’ la gioia che dev’essere poi trasmessa anche ai giovani…
R.
– Io credo davvero che una persona che porta in sé la gioia della propria scelta diventa
più carica di fiducia e di positività e sa anche trasmettere qualcosa che va oltre
le parole. Il Papa lo ricorda anche nel suo messaggio ed anche nell’Anno Sacerdotale:
il mondo d’oggi ha bisogno forse meno di maestri oppure, se sono dei maestri, che
siano anche dei testimoni che confermino con le parole - e non con mille doppi messaggi
che vanno a sminuire quello che dicono - quello che loro propongono. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)