Comunicare il Vangelo in un mondo digitale: intervista con mons. Claudio Giuliodori
Si è concluso ieri mattina, con l’udienza dal Papa nell'Aula Paolo VI in Vaticano,
il Convegno “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era cross mediale”, che ha
visto circa 1300 partecipanti - tra i quali numerosi esperti - confrontarsi con il
mondo del web in rapporto alla comunicazione del Vangelo e alla promozione dei valori
cristiani. Luca Collodi ha fatto il punto sul Convegno con mons. Claudio
Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per la Cultura e le Comunicazioni
Sociali dei vescovi italiani:
R. – Ci siamo
soffermati proprio su “comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”. Questo ad indicare
come per la Chiesa italiana sia ormai inseparabile l’impegno per questo nuovo mondo,
la forma digitale. La Chiesa, che si pone sempre di fronte all’uomo per accompagnarlo
nell’ambiente dove abita all’incontro con il Signore, non può svolgere la sua missione
al di fuori di questo contesto.
D. – Come è presente
la Chiesa in questo mondo?
R. – Cambia proprio la
tipologia di relazione: mentre in passato i media erano, ritengo, unidirezionali –
c’erano cioè i grandi network, le fonti che poi irradiavano la comunicazione e l’informazione
alla massa – oggi i nuovi media stanno praticamente rovesciando la prospettiva, rendendo
possibile la partecipazione di tutti, perché tutti sono fruitori e, nello stesso tempo,
anche fornitori di contenuti e di messaggi. Quindi, i nostri mezzi di comunicazione
si stanno evolvendo all’interno della rete: i settimanali aprano i siti, le radio
parlano attraverso la rete; si costituiscono i siti diocesani; c’è un pullulare di
iniziative che riformulano anche i media tradizionali. E penso al teatro, penso alle
sale della comunità che stanno entrando a pieno titolo in questo circuito digitale.
D. – Mons. Giuliodori, lei ritiene che Internet
sia un luogo anche di formazione?
R. – Certamente.
E’ un po’ un nuovo territorio enciclopedico, dove è possibile trovare tutto ed offre
un accesso alle fonti. Dall’altra parte, però, la rete è anche realtà un po’ incontrollata
e, quindi, troviamo anche fenomeni e forme di comunicazione che possono essere pericolose,
rischiose.
D. – Possono servire delle regole per
entrare e stare nella rete?
R. – La Chiesa italiana
ha espresso in modo chiaro la sua posizione. Sono necessarie regole che salvaguardino
i diritti, la libertà di accesso, ma anche la necessaria pulizia per tutta la pornografia
ed i siti che inneggiano alla violenza, la strumentalizzazione e l’uso improprio fatto,
a volte, dal terrorismo. In questo senso, è necessario regolamentare e la regola non
è mai un penalizzare la libertà, ma è garantire la libertà. Questa è cultura: cultura
della legalità, cultura della convivenza civile, cultura di una costruzione armonica
del bene comune.