Anno sacerdotale: don Banzato racconta la sua vocazione respinta e poi ritrovata
“Tutto, ma mai prete!”. Aveva giurato così don Davide Banzato, religioso originario
di Padova. Poi, la consapevolezza che senza Dio la vita non ha senso e la scelta di
seguire la propria vocazione alla vita consacrata. Ordinato sacerdote il 23 settembre
2006, oggi don Davide è responsabile dell’evangelizzazione per la Comunità “Nuovi
Orizzonti”, fondata nel 1991 da Chiara Amirante per aiutare gli ultimi, gli emarginati
dalla società. Al microfono di Isabella Piro, ascoltiamo don Davide raccontare
come è maturata la sua vocazione:
R. – Ho fatto
un’esperienza come chierichetto nella parrocchia e ho sempre partecipato alla vita
ecclesiale della parrocchia, fino ad entrare poi nel Seminario minore. Volevo spendere
la mia vita per qualcosa di grande e di unico. D’altra parte, ero anche attratto dai
campi da calcio: era una struttura molto grande con sette campi da calcio e, affascinato
da tanti ragazzi che stavano insieme, sono entrato in Seminario spinto da queste che
per me erano due attrazioni. Poi mi sono reso conto che in Seminario la vita era molto
diversa da quello che mi aspettavo e io purtroppo sono uscito dal Seminario con due
promesse rivolte verso il Cielo. La prima era: “Dio, se Tu esisti, io dovrò sentire
la mancanza di Te!”. E la seconda promessa, varcando le porte del Seminario, era:
“Tutto, ma mai prete!”. E questo anche perché pensavo che il sacerdozio mi avrebbe
limitato nella mia esistenza, in qualche modo. Poi mi sono reso conto che l’aver detto
di ‘no’ a Dio nel mio cuore mi ha fatto sperimentare una morte, un nonsenso, un vuoto
… A volte ho pensato anche di farla finita perché non trovavo senso nella vita, tolto
Dio dal mio cuore! Poi nel mio cammino ho incontrato Chiara Amirante, la fondatrice
di “Nuovi Orizzonti” e mi ha sconvolto il suo modo di parlare di Gesù e del Vangelo:
era un modo autentico! Mi rendevo conto che non erano parole staccate dalla vita,
ma era una persona che mi parlava di Dio facendo un’esperienza, vivendo il Vangelo
alla lettera. E ha risvegliato in me quella fiammella divina che è dentro ciascuno
di noi e che noi possiamo coprire con tante cose, ma rimane sempre lì! D.
– Cosa ha significato per Lei quindi diventare sacerdote? R.
– Oggi posso testimoniare come l’aver detto ‘sì’ a Dio nel sacerdozio è stato per
me fidarmi di Dio ad occhi chiusi, perché sentivo la spinta, ma poi ho dovuto anche
fare un salto nel vuoto, dire: “Ok, mi fido di Te, Gesù!”. Oggi posso veramente dire
che firmerei con il sangue e vorrei dire a tutti i giovani: “Non abbiate paura di
dire di sì a Dio. Qualsiasi cosa vi chieda. Perché qualsiasi cosa Dio abbia pensato
per noi, è infinitamente più grande di qualsiasi piccolo progettino noi abbiamo pensato”.
Certo, la sofferenza e la fatica fanno parte di tutte le vocazioni, qualsiasi storia
noi viviamo; ma non c’è paragone con la gioia che Dio dischiude quando noi ci abbandoniamo
ai suoi progetti. D. – Attualmente Lei si occupa dell’evangelizzazione
di strada per la comunità “Nuovi Orizzonti”. Ma cosa vuol dire, oggi, “evangelizzare”? R.
– Evangelizzare è un’arte. Si tratta di riportare il Vangelo là dove è nato, riportare
Gesù tra la gente. E questo dischiude sempre novità: c’è un grido sterminato dell’umanità,
oggi, che muore per mancanza di amore. Ecco: noi abbiamo la sorgente della gioia e
non possiamo tenerlo per noi! Se noi lungo la strada vedessimo un incidente, per la
legge sarebbe omissione di soccorso se noi andassimo oltre. La vocazione essenziale
del cristianesimo, della Chiesa è l’evangelizzazione, il che vuol dire essere testimoni
di Cristo. D. – L’Anno sacerdotale in corso, secondo Lei, quali
frutti ha portato e quali doni porterà alla Chiesa? R. – Si
è ripresa innanzitutto l’importanza dell’altissima vocazione che abbiamo: Cristo che
abita in te, Lui nella sua potenza che opera in te. Poi, penso anche alle tante vocazioni:
tanti giovani stanno riflettendo su questa via. E un ultimo frutto, sicuramente, è
anche questa grande preghiera che sale dalle Chiese di tutto il mondo per i sacerdoti
e penso che questo aver invocato la preghiera di tutti per i sacerdoti sia il frutto
più grande: quasi quasi, ci vorrebbe un decennio, al posto di un anno sacerdotale!