La Chiesa e la sfida delle nuove tecnologie di comunicazione al centro del Convegno
"Testimoni digitali"
“Imparare a misurarsi con le nuove tecnologie testimoniando la realtà del Vangelo
e valorizzare la pastorale sul territorio guardando all’era digitale.” E’ il filo
rosso del Convegno nazionale, apertosi ieri a Roma, promosso dalla Conferenza episcopale
italiana sul tema: “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale”.
In tre giorni di lavori circa 1300 partecipanti, di 227 diocesi, faranno il punto
sul mondo di Internet e le sue sfide. Domani l‘attesa udienza con il Papa in Vaticano.
Il servizio di Massimiliano Menichetti:
Otto anni
dopo il convegno “Parabole mediatiche”, la Chiesa italiana conferma la volontà di
capire i fenomeni dell’era Internet per esserci e portare la parola di Dio
in ogni luogo. Mons. Mariano Crociata, aprendo il convegno “Testimoni
Digitali. Volti e linguaggi nell’era cross-mediale”, ha evidenziato che alla Chiesa
sta “a cuore l’uomo, la persona umana nella sua interezza, nel dipanarsi della sua
storia”, quindi anche quella dei bit: “Non si tratta di demonizzare
il ‘nuovo’ né, al contrario, di considerare obsoleto o inutile il patrimonio di cultura
che ci portiamo sulle spalle, bensì di valorizzare lo straordinario potenziale costituito
dalle nuove tecnologie”. Mons. Crociata ha spiegato che tutti
gli ambiti come quello affettivo, del lavoro a fronte della crisi, o politico, oggi
definito “evanescente”, o ancora della comunicazione, rimangono orizzonti di una pastorale
rinnovata, per evitare “un ripiegamento asfittico”. E’ stato tracciato lo sviluppo
crescente dei media cattolici in questi ultimi 10 anni: quasi 14 mila i siti, oggi,
fonti “non alternative - ha detto - ma in dialogo con le altre realtà”. Poi ha sottolineato
il divario dei linguaggi con le nuove generazioni che utilizzano con disinvoltura
palmari, I-Pad e social network, la cosiddetta “generazione digitale”:
“Il
primo ritardo è legato ad un linguaggio che, a volte, rimane ancora autoreferenziale,
quasi di nicchia, in un contesto culturale che, nel frattempo, è cambiato profondamente,
e che ci porta a confrontarci con una generazione che, quanto a formazione religiosa,
non possiede ormai più il nostro vocabolario; una generazione che non si pone contro
Dio o contro la Chiesa, ma una generazione che sta imparando a vivere senza Dio e
senza la Chiesa”. Quindi, ha rilanciato l’impegno ad una nuova
alfabetizzazione, articolata anche in una pastorale sul territorio attenta
alla comunicazione sociale. Secondo le ricerche presentate al convegno, circa il 65%
dei ragazzi italiani è su Facebook e giovani tra i 14 e i 29 anni dimostrano una progressiva
disaffezione per la lettura e la stampa come strumento informativo a vantaggio di
tv e Internet. Ed oggi a fare il punto sulle opportunità della Rete, ma anche sui
rischi, è stato mons. Claudio Giuliodori, presidente della Commissione
episcopale per la Cultura e le Comunicazioni Sociali della Cei:
“La
Rete può certamente esaltare la natura sociale dell’uomo, e moltiplicare all’infinito
le possibilità di relazione, ma la quantità illimitata di contatti, la molteplicità
e diversità dei rapporti non equivalgono alla realizzazione di relazioni qualificate
e non garantiscono una reale crescita umana. E’ sintomatico che attraverso la Rete
ci si possa isolare o nascondere, fino ad alimentare una seconda o doppia vita – ‘second
life’. La vita ‘on-line’ e quella ‘off-line’ chiedono una profonda integrazione anche
perché l’una rende autentica l’altra”. C’è bisogno di maggiore
responsabilità etica, ha auspicato mons. Giuliodori, per sfruttare al meglio le potenzialità
del web e non perdersi, “e per questo serve l’impegno delle famiglie, della scuola,
fino ad arrivare alle istituzioni nazionali ed internazionali”. Compito imprescindibile
della Chiesa - ha concluso - è abitare questo nuovo spazio per “potare la luce la
Vangelo”.