2010-04-23 14:23:55

La Chiesa e la sfida delle nuove tecnologie di comunicazione al centro del Convegno "Testimoni digitali"


“Imparare a misurarsi con le nuove tecnologie testimoniando la realtà del Vangelo e valorizzare la pastorale sul territorio guardando all’era digitale.” E’ il filo rosso del Convegno nazionale, apertosi ieri a Roma, promosso dalla Conferenza episcopale italiana sul tema: “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale”. In tre giorni di lavori circa 1300 partecipanti, di 227 diocesi, faranno il punto sul mondo di Internet e le sue sfide. Domani l‘attesa udienza con il Papa in Vaticano. Il servizio di Massimiliano Menichetti:RealAudioMP3

Otto anni dopo il convegno “Parabole mediatiche”, la Chiesa italiana conferma la volontà di capire i fenomeni dell’era Internet per esserci e portare la parola di Dio in ogni luogo. Mons. Mariano Crociata, aprendo il convegno “Testimoni Digitali. Volti e linguaggi nell’era cross-mediale”, ha evidenziato che alla Chiesa sta “a cuore l’uomo, la persona umana nella sua interezza, nel dipanarsi della sua storia”, quindi anche quella dei bit:
 
“Non si tratta di demonizzare il ‘nuovo’ né, al contrario, di considerare obsoleto o inutile il patrimonio di cultura che ci portiamo sulle spalle, bensì di valorizzare lo straordinario potenziale costituito dalle nuove tecnologie”.
 
Mons. Crociata ha spiegato che tutti gli ambiti come quello affettivo, del lavoro a fronte della crisi, o politico, oggi definito “evanescente”, o ancora della comunicazione, rimangono orizzonti di una pastorale rinnovata, per evitare “un ripiegamento asfittico”. E’ stato tracciato lo sviluppo crescente dei media cattolici in questi ultimi 10 anni: quasi 14 mila i siti, oggi, fonti “non alternative - ha detto - ma in dialogo con le altre realtà”. Poi ha sottolineato il divario dei linguaggi con le nuove generazioni che utilizzano con disinvoltura palmari, I-Pad e social network, la cosiddetta “generazione digitale”:

 
“Il primo ritardo è legato ad un linguaggio che, a volte, rimane ancora autoreferenziale, quasi di nicchia, in un contesto culturale che, nel frattempo, è cambiato profondamente, e che ci porta a confrontarci con una generazione che, quanto a formazione religiosa, non possiede ormai più il nostro vocabolario; una generazione che non si pone contro Dio o contro la Chiesa, ma una generazione che sta imparando a vivere senza Dio e senza la Chiesa”.
 
Quindi, ha rilanciato l’impegno ad una nuova alfabetizzazione, articolata anche in una pastorale sul territorio attenta alla comunicazione sociale. Secondo le ricerche presentate al convegno, circa il 65% dei ragazzi italiani è su Facebook e giovani tra i 14 e i 29 anni dimostrano una progressiva disaffezione per la lettura e la stampa come strumento informativo a vantaggio di tv e Internet. Ed oggi a fare il punto sulle opportunità della Rete, ma anche sui rischi, è stato mons. Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per la Cultura e le Comunicazioni Sociali della Cei:

 
“La Rete può certamente esaltare la natura sociale dell’uomo, e moltiplicare all’infinito le possibilità di relazione, ma la quantità illimitata di contatti, la molteplicità e diversità dei rapporti non equivalgono alla realizzazione di relazioni qualificate e non garantiscono una reale crescita umana. E’ sintomatico che attraverso la Rete ci si possa isolare o nascondere, fino ad alimentare una seconda o doppia vita – ‘second life’. La vita ‘on-line’ e quella ‘off-line’ chiedono una profonda integrazione anche perché l’una rende autentica l’altra”.
 
C’è bisogno di maggiore responsabilità etica, ha auspicato mons. Giuliodori, per sfruttare al meglio le potenzialità del web e non perdersi, “e per questo serve l’impegno delle famiglie, della scuola, fino ad arrivare alle istituzioni nazionali ed internazionali”. Compito imprescindibile della Chiesa - ha concluso - è abitare questo nuovo spazio per “potare la luce la Vangelo”.







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