Al via a Roma il convegno “Testimoni digitali” per rilanciare la presenza della Chiesa
sulle nuove frontiere di Internet
Al via oggi a Roma il Convegno promosso dalla Conferenza episcopale italiana intitolato
“Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale”. L’evento, che riunisce
esponenti del mondo della comunicazione e della cultura, vuole fare il punto sulla
presenza della Chiesa sulle nuove frontiere di Internet. Particolare attenzione sarà
data ai giovani. Ce ne parla la professoressa Chiara Giaccardi, docente di
sociologia dei media all’Università Cattolica di Milano. L’intervista è di Emanuela
Campanile:
R. – Analizzando
proprio il comportamento dei ragazzi nella rete ci siamo resi conto di una serie di
aspetti potenzialmente positivi. C’è una predominanza dell’attenzione alla relazione
piuttosto che all’esibizione di sé. Questo è un luogo comune che si sfata in un certo
senso perché abbiamo un’idea della rete come un grande palcoscenico per l’esibizione
narcisistica di sé. Invece dall’analisi di queste pratiche relazionali abbiamo proprio
potuto constatare come ci sia il tentativo di connettersi, essere connessi, essere
disponibili rintracciarsi e soprattutto di trasferire queste relazioni dalla dimensione
smaterializzata della rete a una dimensione concreta dei rapporti interpersonali.
Quindi questo è sicuramente un elemento positivo di una condizione necessaria, anche
se non ancora sufficiente per una comunicazione autentica.
D.
– La ricerca del giusto linguaggio quanto è complessa, tenendo presente che il messaggio
che si vuole veicolare è quello evangelico?
R. –
Io credo che sul linguaggio ci sia da fare un lavoro grosso perché quello che si è
potuto riscontrare è stata proprio un po’ una banalità del linguaggio. E un linguaggio
banale è un linguaggio che riesce a cogliere poco della realtà oltre che a comunicare
poco. Quindi io credo che la Chiesa, che ha un bagaglio veramente potente di riflessione
sul linguaggio della parola, che è un linguaggio metaforico, simbolico.
D.
– Questa nuova dimensione di comunicazione che la Chiesa sta affrontando potrebbe
portare ad un nuovo modo di credere?
R. – Sicuramente
la rete è uno spazio senza centro, quindi uno spazio in cui chiunque può prendere
la parola. La cosa importante è che si prenda la parola per dire qualche cosa, perché
ci si sente di dire qualche cosa che può andare a beneficio degli altri. Quindi è
un po’ il tema del convegno, la dimensione della testimonianza, del fatto di prendere
la parola per parlare di un verità che non è soltanto la verità di sé ma un verità
che in qualche modo ci ha toccato, che abbiamo conosciuto e che possiamo desiderare
di comunicare ad altri. La rete offre delle opportunità veramente utili, veramente
belle per la testimonianza anche in chiave digitale.