2010-04-21 11:54:17

I vescovi del Nord Africa a Rabat per discutere di libertà religiosa e dialogo con l'islam


I vescovi della Conferenza episcopale del Nord Africa sono riuniti in questi giorni a Rabat, in Marocco. Gli interventi dei presuli prendono spunto dai Lineamenta del Sinodo per il Medio Oriente e trattano in modo particolare la questione dei rapporti tra cristiani e musulmani. Forte accento sulle numerose espulsioni di missionari cristiani dalla regione e sulle difficoltà nell’esercizio della libertà di culto e di religione. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luciano Ardesi, esperto dell’area maghrebina:RealAudioMP3

R. - Diciamo che l’ondata di espulsioni che c’è stata dall’inizio di marzo in Marocco non rappresenta una novità assoluta nell’area. Certo, ha stupito molto la contemporaneità di queste espulsioni che hanno riguardato sia missionari cattolici che delle Chiese evangeliche. Il fenomeno, peraltro, non è del tutto nuovo in Marocco: anche negli anni scorsi c’era stato uno stillicidio di espulsioni; e soprattutto, il fenomeno non è nuovo nell’area del Maghreb e del Nord Africa e in modo particolare in Algeria, dove si sono ripetuti negli ultimi anni episodi di espulsioni, soprattutto di pastori protestanti e pastori evangelici. Il fatto nuovo in Marocco è che l’accusa di proselitismo viene fatta in una situazione nuova: in questo Paese, negli ultimi anni, è nata una comunità di cristiani, di origine marocchina, e quindi queste espulsioni hanno portato in superficie un fenomeno sommerso. Questo gruppo reclama un dialogo con il governo del Marocco ed una libertà di fede che non ritiene oggi garantita nel loro Paese.

 
D. - Proprio l’esercizio della libertà di culto, della libertà religiosa, è uno dei temi scottanti di questa regione...

 
R. - Fino adesso le comunità cristiane non hanno avuto grossi problemi nei Paesi del Maghreb, a condizione naturalmente di rimanere nell'ambito delle proprie comunità, che sono nella stragrande maggioranza comunità di origine straniera. Del resto, il grande merito di queste Chiese è quello di aver mantenuta viva una fede in popolazioni di nuova immigrazione: la presenza delle Chiese in questi Paesi ha costituito un alimento spirituale per queste comunità. Sono state, però, inevitabili delle contaminazioni con la popolazione locale. Alcune Chiese evangeliche sono più attive e questo ha creato tensione con i governi in Stati dove l’Islam è religione di Stato. In tutte le Costituzioni degli Stati del Maghreb, però, c’è anche teoricamente la libertà di professare la propria fede. Oggi i cittadini di questi Paesi rivendicano di potersi dichiarare cristiani liberamente, di esercitare liberamente il proprio culto, naturalmente nelle sedi appropriate. Questo mi pare essere la sfida dei prossimi anni.

 
D. – Il Nord Africa è anche terreno di incontro tra cristiani e musulmani …

 
R. – Direi che le esperienze di questi Paesi sono molto positive e vanno ben al di là del semplice dialogo. Io lo chiamerei un vero e proprio incontro. Comunità, quelle cristiane e musulmane, che si conoscono, che si riconoscono e che intraprendono anche cammini in comune. Si pensi ad esempio alla solidarietà che in genere le Chiese portano nei confronti degli strati più deboli e più poveri della popolazione, cooperando con le associazioni musulmane. C’è una fattiva collaborazione sul terreno, forse molto più avanti di quello che non sia lo stesso dialogo teologico, che non si è mai interrotto e che continua, ma che sul piano dell'immediatezza non fa nascere quella reciproca e concreta conoscenza che viene invece dal lavorare insieme.







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