I vescovi del Nord Africa a Rabat per discutere di libertà religiosa e dialogo con
l'islam
I vescovi della Conferenza episcopale del Nord Africa sono riuniti in questi giorni
a Rabat, in Marocco. Gli interventi dei presuli prendono spunto dai Lineamenta
del Sinodo per il Medio Oriente e trattano in modo particolare la questione dei
rapporti tra cristiani e musulmani. Forte accento sulle numerose espulsioni di missionari
cristiani dalla regione e sulle difficoltà nell’esercizio della libertà di culto e
di religione. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luciano Ardesi, esperto
dell’area maghrebina:
R. - Diciamo
che l’ondata di espulsioni che c’è stata dall’inizio di marzo in Marocco non rappresenta
una novità assoluta nell’area. Certo, ha stupito molto la contemporaneità di queste
espulsioni che hanno riguardato sia missionari cattolici che delle Chiese evangeliche.
Il fenomeno, peraltro, non è del tutto nuovo in Marocco: anche negli anni scorsi c’era
stato uno stillicidio di espulsioni; e soprattutto, il fenomeno non è nuovo nell’area
del Maghreb e del Nord Africa e in modo particolare in Algeria, dove si sono ripetuti
negli ultimi anni episodi di espulsioni, soprattutto di pastori protestanti e pastori
evangelici. Il fatto nuovo in Marocco è che l’accusa di proselitismo viene fatta in
una situazione nuova: in questo Paese, negli ultimi anni, è nata una comunità di
cristiani, di origine marocchina, e quindi queste espulsioni hanno portato in superficie
un fenomeno sommerso. Questo gruppo reclama un dialogo con il governo del Marocco
ed una libertà di fede che non ritiene oggi garantita nel loro Paese.
D.
- Proprio l’esercizio della libertà di culto, della libertà religiosa, è uno dei temi
scottanti di questa regione...
R. - Fino adesso le
comunità cristiane non hanno avuto grossi problemi nei Paesi del Maghreb, a condizione
naturalmente di rimanere nell'ambito delle proprie comunità, che sono nella stragrande
maggioranza comunità di origine straniera. Del resto, il grande merito di queste Chiese
è quello di aver mantenuta viva una fede in popolazioni di nuova immigrazione: la
presenza delle Chiese in questi Paesi ha costituito un alimento spirituale per queste
comunità. Sono state, però, inevitabili delle contaminazioni con la popolazione locale.
Alcune Chiese evangeliche sono più attive e questo ha creato tensione con i governi
in Stati dove l’Islam è religione di Stato. In tutte le Costituzioni degli Stati del
Maghreb, però, c’è anche teoricamente la libertà di professare la propria fede. Oggi
i cittadini di questi Paesi rivendicano di potersi dichiarare cristiani liberamente,
di esercitare liberamente il proprio culto, naturalmente nelle sedi appropriate. Questo
mi pare essere la sfida dei prossimi anni.
D. –
Il Nord Africa è anche terreno di incontro tra cristiani e musulmani …
R.
– Direi che le esperienze di questi Paesi sono molto positive e vanno ben al di là
del semplice dialogo. Io lo chiamerei un vero e proprio incontro. Comunità, quelle
cristiane e musulmane, che si conoscono, che si riconoscono e che intraprendono anche
cammini in comune. Si pensi ad esempio alla solidarietà che in genere le Chiese portano
nei confronti degli strati più deboli e più poveri della popolazione, cooperando con
le associazioni musulmane. C’è una fattiva collaborazione sul terreno, forse molto
più avanti di quello che non sia lo stesso dialogo teologico, che non si è mai interrotto
e che continua, ma che sul piano dell'immediatezza non fa nascere quella reciproca
e concreta conoscenza che viene invece dal lavorare insieme.