In alto mare in India la legge per abolire le discriminazioni contro i dalit cristiani
e musulmani
Contro i dalit cristiani il governo indiano “sta conducendo una guerra psicologica”.
È quanto ha dichiarato padre Cosmo Ariokaraj, segretario della commissione della Conferenza
episcopale indiana (Cbci) che si occupa dei diritti delle caste basse, delle popolazioni
tribali e delle categorie sociali svantaggiate. Il sacerdote ha commentato così all’agenzia
Ucan l’esito di un incontro che ha avuto luogo nei giorni scorsi tra una delegazione
del Comitato nazionale di coordinamento per i dalit cristiani e il ministro per gli
affari legislativi Veerappa Moily. Al centro dei colloqui l’annosa questione della
parità dei diritti civili per le minoranze cristiane e musulmane, specialmente per
i dalit. Da anni infatti la Chiesa si batte per l’abolizione di un decreto presidenziale
del 1950 che esclude i “fuori casta” convertiti al cristianesimo dal sistema delle
quote riservate nei posti di lavoro pubblici e nelle scuole. La stessa norma – che
colpisce anche quanti sono diventati musulmani – non vale per i dalit indù, buddisti
o sikh. I vescovi chiedono di rendere la categoria delle cosiddette “Scheduled Castes”
completamente indipendente dall’appartenenza religiosa, come già avviene per le popolazioni
tribali. Lo scorso dicembre la Commissione nazionale sulle minoranze religiose e linguistiche
ha aperto una storica discussione sulla proposta di modifica della norma, ritenuta
“iniqua e discriminatoria”. Un dibattito che tuttavia in questi mesi non ha fatto
sostanziali progressi. Il motivo - denuncia padre Ariokaraj - è “l’indifferenza” dell’esecutivo
che continua a “temporeggiare”, rimandando la calendarizzazione della discussione
in parlamento. Durante l’incontro con la delegazione dei vescovi il ministro Moily
si è detto impotente, ma ha promesso che il Governo deciderà presto. Intanto padre
Ariokaraj ha annunciato per le prossime settimane una nuova mobilitazione dei dalit
cristiani. (L.Z.)