Donne cattoliche: no alla deriva individualista dei diritti umani
Si è concluso sabato scorso nella cittadina ungherese di Vác, nei pressi di Budapest,
il seminario di studio organizzato dalla sezione europea dell’Unione mondiale delle
organizzazioni femminili cattoliche sui diritti umani in Europa. Cinque sessioni di
lavoro e un messaggio conclusivo nel quale vengono sollecitate le istituzioni a consentire
un più facile accesso alle donne nel processo decisionale per una democrazia compiuta.
Davide Dionisi ha chiesto a Maria Giovanna Ruggieri, vice presidente
dell’Umofc/Wucwo per l’Europa, di spiegare i punti centrali delle conclusioni del
forum di Vac.
R. – Il punto
principale è l’impegno per la formazione e, nel caso specifico, della formazione riguardo
alla Dottrina sociale della Chiesa. Noi, infatti, abbiamo trattato il tema dei diritti
umani alla luce della Dottrina sociale della Chiesa e ci siamo accorte che è fondamentale
conoscere i principi che sono alla base di questa Dottrina, perché spesso si parla
di diritti umani ma in maniera un po’ individualista, invece dobbiamo sempre coniugare
i diritti umani con il bene comune. Abbiamo anche ben focalizzato i quattro fondamenti
dei diritti umani che sono quelli indicati già da Giovanni XXIII nella “Pacem in terris”,
cioè verità, libertà, giustizia e amore. D. – Un approccio con
la difesa dei diritti umani dal punto di vista femminile, dunque. Ma cos’è che contraddistingue
tale approccio da altri, secondo lei? R. – Prima di tutto questa
attenzione alla vita, quindi il discorso della famiglia. Poi anche il diritto all’educazione,
ad avere un riconoscimento sociale della propria professionalità, tutti aspetti che
ci siamo accorti che non sempre vengono rispettati nella società. Quindi, a partire
dal tema dell’attenzione alla vita nella sua totalità, poi nell’esplicitazione di
tutti i segmenti legati alla vita. D. – Quest’anno, l’Unione
mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche compie 100 anni. Quali sono le
prospettive e i progetti futuri di questo organismo? R. – Una
delle prospettive è quella di mettersi in ascolto delle giovani generazioni, perché
spesso rischiamo di avere una specie di monopolio – noi che siamo un po’ più adulte
– e non dare voce alle giovani, perché loro hanno sicuramente qualcosa da dirci. Infatti,
ci siamo dette proprio questo: cento anni fa, queste donne hanno deciso di mettersi
insieme per essere meglio seme e testimonianza della propria fede nella società, in
tutte le realtà in cui vivevano. Oggi credo che abbiamo bisogno di ascoltare anche
le aspettative, le speranze delle generazioni giovani per poter costruire insieme
questa civiltà dell’amore. (Montaggio a cura di Maria Brigini)