La Messa a Floriana: il Papa esorta a non lasciarsi irretire dalle voci che invitano
a mettere da parte la fede. Non salva la tecnologia ma l'amore di Dio
Porre la fiducia in Dio solo senza lasciarsi irretire dalle voci che invitano a mettere
da parte la fede: è l’esortazione lanciata dal Papa stamani nell’omelia durante la
Messa presieduta nel Piazzale dei Granai a Floriana, in occasione della seconda giornata
del suo viaggio apostolico a Malta. Benedetto XVI ha affermato: “Non tutto quello
che il mondo oggi propone è meritevole di essere accolto dai Maltesi. Molte voci cercano
di persuaderci di mettere da parte la nostra fede in Dio e nella sua Chiesa e di scegliere
da se stessi i valori e le credenze con i quali vivere. Ci dicono che non abbiamo
bisogno di Dio e della Chiesa … Miei cari fratelli e sorelle, se poniamo la nostra
fiducia nel Signore e seguiamo i suoi insegnamenti, raccoglieremo sempre grandi frutti…noi
dobbiamo porre la nostra fiducia in lui solo. Si è tentati di pensare che l’odierna
tecnologia avanzata possa rispondere ad ogni nostro desiderio e salvarci dai pericoli
che ci assalgono. Ma non è così. In ogni momento della nostra vita dipendiamo interamente
da Dio, nel quale viviamo, ci muoviamo ed abbiamo la nostra esistenza. Solo lui può
proteggerci dal male, solo lui può guidarci tra le tempeste della vita e solo lui
può condurci ad un porto sicuro, come ha fatto per Paolo ed i suoi compagni, alla
deriva sulle coste di Malta. Essi hanno fatto ciò che Paolo esortava loro di compiere
e fu così che “tutti poterono mettersi in salvo a terra” (At 27,44). Più di ogni carico
che possiamo portare con noi - nel senso delle nostre realizzazioni umane, delle nostre
proprietà, della nostra tecnologia - è la nostra relazione con il Signore che fornisce
la chiave della nostra felicità e della nostra realizzazione umana. Ed egli ci chiama
ad una relazione di amore”. Ecco il testo integrale dell’omelia del Papa:
Cari
Fratelli e Sorelle in Gesù Cristo, Maħbubin uliedi [Miei cari figli
e figlie!], Sono molto contento di essere qui
con voi tutti oggi davanti alla bella chiesa di San Publio per celebrare il grande
mistero dell’amore di Dio reso manifesto nella Santa Eucarestia. In questo tempo,
la gioia del periodo Pasquale riempie i nostri cuori perché stiamo celebrando la vittoria
di Cristo, la vittoria della vita sul peccato e sulla morte. E’ una gioia che trasforma
le nostre vite e ci riempie di speranza nel compimento delle promesse di Dio. Cristo
è risorto alleluia! Saluto il Presidente della
Repubblica e la Signora Abela, le Autorità civili di questa amata Nazione e tutto
il popolo di Malta e Gozo. Ringrazio l’Arcivescovo Cremona per le sue gentili parole
e saluto anche il Vescovo Grech e il Vescovo Depasquale, l’Arcivescovo Mercieca, il
Vescovo Cauchi e gli altri Vescovi e sacerdoti presenti, così come i fedeli cristiani
della Chiesa che è in Malta e in Gozo. Fin dal mio arrivo ieri sera ho avvertito la
stessa calorosa accoglienza che i vostri antenati hanno riservato all’apostolo Paolo
nell’anno sessanta. Molti viaggiatori sono sbarcati
qui nel corso della vostra storia. La ricchezza e la varietà della cultura maltese
è un segno che il vostro popolo ha tratto grande profitto dallo scambio di doni ed
ospitalità con i viaggiatori venuti dal mare. Ed è significativo che voi abbiate saputo
esercitare il discernimento nell’individuare il meglio di ciò che essi avevano da
offrire. Vi esorto a continuare a fare così. Non
tutto quello che il mondo oggi propone è meritevole di essere accolto dai Maltesi.
Molte voci cercano di persuaderci di mettere da parte la nostra fede in Dio e nella
sua Chiesa e di scegliere da se stessi i valori e le credenze con i quali vivere.
Ci dicono che non abbiamo bisogno di Dio e della Chiesa. Se siamo tentati di credere
a loro, dovremmo ricordare l’episodio del Vangelo di oggi, quando i discepoli, tutti
esperti pescatori, hanno faticato tutta la notte, ma non hanno preso neppure un solo
pesce. Poi, quando Gesù è apparso sulla riva, ha indicato loro dove pescare e hanno
potuto realizzare una pesca così grande, che a stento potevano trascinarla. Lasciati
a se stessi, i loro sforzi erano infruttuosi; quando Gesù è rimasto accanto a loro,
hanno catturato una grande quantità di pesci. Miei cari fratelli e sorelle, se poniamo
la nostra fiducia nel Signore e seguiamo i suoi insegnamenti, raccoglieremo sempre
grandi frutti. La prima lettura della Messa odierna
è di quelle che so che amate ascoltare: il racconto del naufragio di Paolo sulla costa
di Malta e la calorosa accoglienza a lui riservata dalla popolazione di queste isole.
Notate come i componenti dell’equipaggio della barca, per poter sopravvivere, furono
costretti a gettare fuori il carico, l’attrezzatura della barca ed anche il frumento
che era il loro unico sostentamento. Paolo li esortò a porre la loro fiducia solo
in Dio, mentre la barca era scossa dalle onde. Anche noi dobbiamo porre la nostra
fiducia in lui solo. Si è tentati di pensare che l’odierna tecnologia avanzata possa
rispondere ad ogni nostro desiderio e salvarci dai pericoli che ci assalgono. Ma non
è così. In ogni momento della nostra vita dipendiamo interamente da Dio, nel quale
viviamo, ci muoviamo ed abbiamo la nostra esistenza. Solo lui può proteggerci dal
male, solo lui può guidarci tra le tempeste della vita e solo lui può condurci ad
un porto sicuro, come ha fatto per Paolo ed i suoi compagni, alla deriva sulle coste
di Malta. Essi hanno fatto ciò che Paolo esortava loro di compiere e fu così che “tutti
poterono mettersi in salvo a terra” (At 27,44). Più
di ogni carico che possiamo portare con noi - nel senso delle nostre realizzazioni
umane, delle nostre proprietà, della nostra tecnologia - è la nostra relazione con
il Signore che fornisce la chiave della nostra felicità e della nostra realizzazione
umana. Ed egli ci chiama ad una relazione di amore. Fate attenzione alla domanda che
per tre volte egli rivolge a Pietro sulla riva del lago: “Simone, figlio di Giovanni,
mi ami tu?”. Sulla base della risposta affermativa di Pietro, Gesù gli affida un compito,
il compito di pascere il suo gregge. Qui vediamo il fondamento di ogni ministero pastorale
nella Chiesa. E’ il nostro amore per il Signore che deve plasmare ogni aspetto della
nostra predicazione ed insegnamento, della celebrazione dei sacramenti, e della nostra
cura per il Popolo di Dio. E’ il nostro amore per il Signore che ci spinge ad amare
quelli che Egli ama, e ad accettare volentieri il compito di comunicare il suo amore
a coloro che serviamo. Durante la passione del Signore, Pietro lo ha rinnegato tre
volte. Ora, dopo la Resurrezione, Gesù lo invita tre volte a dichiarare il suo amore,
offrendo in tal modo salvezza e perdono, e allo stesso tempo affidandogli la sua missione.
La pesca miracolosa aveva sottolineato la dipendenza degli apostoli da Dio per il
successo dei loro progetti terreni. Il dialogo tra Pietro e Gesù ha sottolineato il
bisogno della divina misericordia per guarire le loro ferite spirituali, le ferite
del peccato. In ogni ambito della nostra vita necessitiamo dell’aiuto della grazia
di Dio. Con lui possiamo fare ogni cosa: senza di lui non possiamo fare nulla. Conosciamo
dal Vangelo di san Marco i segni che accompagnano coloro che hanno posto la loro fede
in Gesù: prenderanno in mano serpenti e questo non recherà loro danno; imporranno
le mani ai malati e questi guariranno (cfr Mc 16,18). Tali segni sono stati presto
riconosciuti dai vostri antenati, quando Paolo venne fra loro. Una vipera si attaccò
alla sua mano ma egli semplicemente la scosse e gettò nel fuoco senza soffrire alcun
danno. Paolo fu condotto a vedere il padre di Publio, il “protos” dell’isola, e dopo
aver pregato e imposto le mani su di lui, lo guarì dalla febbre. Di tutti i doni portati
a queste rive nel corso della storia della vostra gente, quello portato da Paolo è
stato il più grande di tutti, ed è vostro merito che esso sia stato subito accolto
e custodito. Għożżu l-fidi u l-valuri li takom l-Appostlu Missierkom
San Pawl. [Preservate la fede e i valori che vi sono stati trasmessi dal vostro padre,
l’apostolo San Paolo]. Continuate ad esplorare la ricchezza e la profondità
del dono di Paolo e procurate di consegnarlo non solo ai vostri figli, ma a tutti
coloro che incontrate oggi. Ogni visitatore di Malta dovrebbe essere impressionato
dalla devozione della sua gente, dalla fede vibrante manifestata nelle celebrazioni
nei giorni di festa, dalla bellezza delle sue chiese e dei suoi santuari. Ma quel
dono ha bisogno di essere condiviso con altri, ha bisogno di essere espresso. Come
insegnò Mosè al popolo di Israele, i precetti del Signore “ti stiano fissi nel cuore.
Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai
per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (Dt 6,6-7). Ciò è stato ben capito
dal primo santo canonizzato di Malta, Dun Ġorġ Preca. La sua instancabile opera di
catechesi, ispirando giovani ed anziani con un amore per la dottrina cristiana ed
una profonda devozione al Verbo incarnato, è diventata un esempio che vi esorto a
mantenere. Ricordate che lo scambio di beni tra queste isole ed il resto del mondo
è un processo a due vie. Quello che ricevete, valutatelo con cura, e ciò che possedete
di valore sappiatelo condividere con gli altri. Desidero
rivolgere una particolare parola ai sacerdoti qui presenti in questo anno dedicato
alla celebrazione del grande dono del sacerdozio. Dun Ġorġ era un prete di straordinaria
umiltà, bontà, mitezza e generosità, profondamente dedito alla preghiera e con la
passione di comunicare le verità del vangelo. Prendetelo come modello ed ispirazione
per voi, mentre adempite la missione che avete ricevuto di pascere il gregge del Signore.
Ricordate anche la domanda che il Signore Risorto ha rivolto tre volte a Pietro: “Mi
ami tu?”. Questa è la domanda che egli rivolge a ciascuno di voi. Lo amate? Desiderate
servirlo con il dono della vostra intera vita? Desiderate condurre altri a conoscerlo
ed amarlo? Con Pietro abbiate il coraggio di rispondere: “Sì, Signore, tu sai che
io ti amo” e accogliete con cuore grato il magnifico compito che egli vi ha assegnato.
La missione affidata ai sacerdoti è veramente un servizio alla gioia, alla gioia di
Dio che brama irrompere nel mondo (cfr Omelia, 24 aprile 2005). Guardando
ora attorno a me alla grande folla raccolta qui in Floriana per la celebrazione dell'Eucarestia,
mi torna alla mente la scena descritta nella seconda lettura di oggi, nella quale
miriadi di miriadi e migliaia di migliaia unirono le loro voci in un grande inno di
lode: “A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei
secoli dei secoli” (Ap 5,13). Continuate a cantare
questo inno, a lode del Signore risorto ed in ringraziamento per i suoi molteplici
doni. Con le parole di San Paolo, Apostolo di Malta, concludo la mia esortazione a
voi questa mattina: “L-imħabba tiegħi tkun magħkom ilkoll fi Kristu Ġesù” [“Il mio
amore con tutti voi in Cristo Gesù!”] (1 Cor 16,24). Ikun imfaħħar
Ġesù Kristu! [Sia lodato Gesù Cristo!].