2010-04-16 15:26:00

Myanmar: sale la tensione dopo l'attentato a Rangoon


Alta tensione in Myanmar, dopo l’attentato di ieri a Rangoon che ha provocato una carneficina. Secondo la Tv di Stato birmana, il bilancio ufficiale è di otto morti e 75 feriti mentrte fonti di AsiaNews parlano di “oltre 30 morti”. Molti osservatori credono che gli attacchi di ieri facciano parte di una strategia del terrore adottata dalla giunta militare in vista delle elezioni politiche per annientare qualsiasi tentativo di opposizione democratica. Analisi, questa, condivisa anche dalla sindacalista della Cisl, Cecilia Brighi, che da anni lavora al fianco del Sindacato clandestino birmano. L’intervista è di Salvatore Sabatino:RealAudioMP3

R. – La Cisl lavora con il sindacato clandestino e con tutte le organizzazioni democratiche birmane da anni, e tutte le organizzazioni rifiutano la violenza e il terrorismo da sempre: sono schierate per una lotta pacifica e non violenta, l’abbiamo visto nelle manifestazioni del 2007. Questo, quindi, non può che essere un tentativo della giunta militare di far vedere che la situazione è incontrollabile ed ingovernabile. Devo dire che io ho sentito con le mie orecchie l’ambasciatore birmano alle Nazioni Unite dichiarare all’Ilo che il sindacato è un’organizzazione terroristica: quindi, questo è l’inizio di un tentativo di aumentare il clima di tensione e di repressione nel Paese.
 
D. – Di recente, la leadership della Lega nazionale della democrazia, il principale partito di opposizione birmano, ha annunciato di non procedere alla registrazione necessaria per partecipare alle elezioni. Di fatto, questo è un ulteriore tassello della tensione …
 
R. – Era una cosa abbastanza scontata; la giunta ha cercato di dividere la lega nazionale per la democrazia sperando che potesse avere una sponda per queste elezioni che sono assolutamente inaccettabili, perché le leggi elettorali e la Costituzione violano qualsiasi standard minimo internazionalmente riconosciuto, tant’è che tutte le organizzazioni democratiche birmane, quelle rappresentative, compresa la Lega nazionale per la democrazia, non partecipano alle elezioni e, anzi, hanno lanciato un appello internazionale per chiedere che le istituzioni internazionali e i governi accettino le elezioni unicamente se verranno rispettate tre condizioni chiave: l’immediata liberazione di Aung San Suu Kyi e dei detenuti politici, la garanzia a tutti loro del diritto a partecipare alle elezioni e ad essere candidati, la cessazione di tutti gli attacchi contro le comunità etniche e egli attivisti democratici e la terza condizione, che è fondamentale, è l’apertura di un dialogo genuino ed inclusivo tra la giunta e tutte le organizzazioni democratiche e le nazionalità etniche e, soprattutto, la revisione della Costituzione.
 
D. – In molti denunciano poca attenzione della comunità internazionale nei confronti del problema birmano: è d’accordo?
 
R. – Assolutamente sì! C’è un silenzio enorme, tant’è che la Cisl oggi lancia un appello che verrà pubblicato sul sito della Cisl, sul sito birmaniademocratica.org perché raccolgano il messaggio di oltre 150 organizzazioni rappresentative della società civile e democratica birmana e del sindacato birmano, perché – appunto – riconoscano le elezioni unicamente se verranno accettate queste condizioni.







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